domenica 23 ottobre 2022

Ann Weisgarber, “Il coraggio di Rachel DuPree” ed. 2022

                          Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America


Ann Weisgarber, “Il coraggio di Rachel DuPree”

Ed. Neri Pozza, trad. maddalena Togliani, pagg.260, Euro 18,00

   South Dakota. Badlands. 1917. La data, che per noi europei dice tanto, non ha altrettanto peso nel romanzo di Ann Weisgarber. Ad un certo punto un personaggio va ad arruolarsi, dicendo che ‘darà una lezione a quelli là’, ma la guerra è un evento lontano, i protagonisti hanno ben altre preoccupazioni.

    Il nome, Badlands, già dice tutto. Una terra ostile, vaste distese in cui l’abitante più vicino è a miglia di distanza, una vita che è fatta di lavoro, lavoro e ancora lavoro, tra mille asperità.

Eppure Rachel era stata felice di seguire Isaac DuPree nelle Badlands. Rachel viveva a Chicago, vicino alla puzza dei mattatoi, e faceva la cuoca nella pensione della madre di Isaac. Quando questi era tornato dopo aver servito nell’esercito, Rachel se ne era innamorata. Non lui di lei, però. E la madre di Isaac aveva fatto fuoco e fiamme quando aveva saputo che si sarebbero sposati e aveva troncato ogni rapporto con loro.

    Era stato amore per la terra che aveva spinto Isaac a sposare Rachel, non amore per lei. Sì, la Terra con la T maiuscola. Il governo dava la terra a chi la chiedeva e, se erano in due a chiederla, l’estensione sarebbe stata doppia. Isaac vedeva campi coltivati a frumento, bestiame, guadagni con cui avrebbe comprato altra terra e altro bestiame. E Rachel lo aveva ricattato. Avrebbero messo insieme le loro terre, ma lui doveva sposarla. E così era stato. Un matrimonio a termine, secondo i patti iniziali, e invece durava da quattordici anni quando Rachel prende la parola.


    C’è stata una siccità terribile e l’episodio iniziale ci dà l’idea traumatizzante di quello che la famiglia DuPree deve aver passato. Hanno cinque figli, i Dupree, altri due sono morti, Rachel è incinta e i bambini aiutano, fanno lavori più grandi di loro. Per scendere nel pozzo e riempire di acqua il secchio la scelta obbligata è caduta sulla piccola Liz, perché è minuta e non resterà incastrata. Parecchi elementi concorrono a rendere cruciale questa scena, a farne un punto di volta. Alle spalle i DuPree hanno mesi senza pioggia, razionando l’acqua da bere, senza potersi lavare, con i campi aridi e il bestiame che muore. Davanti a loro c’è l’incertezza del futuro- mancano le provviste per dar da mangiare ai bambini, non ci sono soldi, è rimasta un’unica mucca scheletrica che dovrebbe dare latte. E adesso c’è questa impresa disperata, con Liz terrorizzata, del buio, della profondità del pozzo, della serpe che l’aspetta in fondo, con Rachel che si sente in colpa per sottoporre la bambina a questo compito.

    Rachel racconta la loro vita di unici neri nella zona (anzi, di negri, perché questa era la parola usata allora), dell’entusiasmo iniziale, del suo amore per Isaac e del dolore per la morte dei figli appena nati. Quando, nella solitudine di quella terra sterminata, passa da loro una donna indiana con la figlia, Rachel la invita a salire sulla veranda e le offre un tè. Anche questo sarà un episodio chiave- Isaac odia gli indiani (ha combattuto a Wounded Knee) e si arrabbierà, Rachel ricorderà una donna indiana che era venuta alla fattoria tanti anni prima, con un bambino mezzo sangue. Il ricordo, che porta con sé un dubbio, non la lascerà più e ci sarà il giorno in cui la squaw a cui lei ha offerto il tè le salverà la vita.


     “Il coraggio di Rachel Dupree”  ci fa conoscere un’altra America- mezzo secolo è passato dalla guerra civile, i neri hanno l’opportunità di fare fortuna, in loro non c’è più la servilità dello zio Tom e, per motivi diversi, sia Isaac sia Rachel sono personaggi da ammirare. Soprattutto per la loro determinazione, la forza nell’ affrontare le difficoltà e resistere ai colpi della fortuna. E Rachel, poi, per la capacità di amare e di scegliere chi, tra il marito e i figli, abbia più bisogno del suo amore.

    Un libro molto bello.

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