mercoledì 31 agosto 2016

Jung Myung Lee, "La regola del quadro" ed. 2016

                                                              Voci da mondi diversi. Asia        
             painting fiction
            cento sfumature di giallo
            FRESCO DI LETTURA

Jung Myung Lee, “La regola del quadro”
Ed. Frassinelli, trad. V. D’Urso, pagg. 451, euro 16,58

    Non è facile scrivere del romanzo “La regola del quadro” di Jung Myung Lee, e non è stato facile leggerlo. Forse è necessaria una raccomandazione, prima di iniziarne la lettura: dimenticatevi l’approccio usuale, dimenticatevi la cultura occidentale, dimenticatevi i ritmi della vita quotidiana a cui siete abituati e siate pronti ad entrare in un’altra tradizione che si esprime con un altro linguaggio visivo ed espressivo seguendo un’altra scansione temporale.
      Corea del diciottesimo secolo. Un re al governo del paese, una figura sovrana che ha qualcosa del divino, come l’imperatore del Giappone. Il giallo è il colore a lui riservato. Il pittore dell’Accademia che si aggiudica il premio per aver dipinto il miglior quadro che rappresenta il re in una gara bandita a scadenza regolare, acquista un prestigio enorme- per sé e per la propria famiglia.



    L’Accademia di pittura è un ambiente molto selettivo, è un onore ambito esservi ammessi, ma ci sono anche regole ferree a cui bisogna sottostare. Prima di tutte: non essere originali, la tradizione è legge, la tradizione è il meglio che l’arte possa dare, i pittori devono riprodurre fedelmente, senza stancarsi, copie di altri dipinti. Un imperativo: proibito usare il colore, solo il bianco e il nero sono concessi, il colore è deviante, suscita passioni, eccita, provoca un effetto che è contrario allo spirito dell’arte. I soggetti sono sempre gli stessi- piante ed animali che assumono una valenza simbolica. Questi quadri hanno il loro linguaggio che può variare solo per sfumature, cambiando qualche dettaglio. Il mondo dell’Accademia è per soli uomini: le donne sono bandite, sia come pittrici sia come soggetto di quadri. Eppure, al di fuori dell’Accademia, fiammeggiano i colori degli abiti delle cortigiane la cui compagnia è sempre ricercata- le donne hanno il loro ruolo, sottomesso a quello degli uomini, si ammirano le loro doti musicali e quelle di seduzione, ma sono considerate inferiori.
dipinto di Hongdo
     Ci sono due trame che si intrecciano ne “La regola del quadro”. La prima si svolge dentro l’Accademia e ruota intorno alla rivalità e al confronto fra due pittori, uno più anziano e già affermato e uno giovanissimo. Il pittore più vecchio è in qualche modo affascinato da quello più giovane ammesso da poco nella scuola: il volto delicato di Yunbok è la prima cosa che attira l’attenzione di Hongdo e forse è questa attrazione fisica che spinge Hongdo a difendere la sua arte, quando un insolito dipinto di Yunbok porta questi vicino all’espulsione dalla cerchia dorata perché considerato erotico. Subentra poi, da parte di Hongdo, ammirazione per tutto quello che Yunbok osa fare, per come osa infrangere i canoni fissi introducendo il colore e le figure femminili nei suoi lavori. Ci sarà una competizione fra i due, indetta dal sovrano che chiede loro di portargli immagini del mondo ‘al di fuori’ delle mura del palazzo- vuole vedere la realtà, deve sapere come vive la sua gente se vuole regnare giustamente. Giorno dopo giorno i due pittori porteranno a corte i loro dipinti- lo stesso soggetto ma visto con occhi diversi e raffigurato con tecniche diverse. Questo confronto continuo può a volte risultare stancante per il lettore, e tuttavia è nello stesso tempo illuminante. L’impiego del bianco e del nero, dei colori e dei giochi di luce e di ombre, la scelta di favorire un certo personaggio, o un animale piuttosto che un altro- tutto acquista un significato, tutto ha una spiegazione, è un’interpretazione del mondo che è ricco, variegato, multicolore, sfaccettato.
dipinto di Yunbok

     L’altra trama è un filone ‘giallo’ e riguarda un duplice delitto avvenuto dieci anni prima- erano morti due pittori, un quadro era scomparso, di una bambina si erano perse le tracce. E’ ancora possibile scoprire la verità di quello che era successo? E in che modo quei fatti lontani hanno a che fare con il presente?
       Chi, come me, ha molto amato “La guardia, il poeta e l’investigatore“ di Jung Myung Lee, può restare deluso da questo romanzo che, come il precedente, riporta in vita personaggi veramente esistiti anche se con minore passione. L’errore, tuttavia, è nel lettore, nel voler ritrovare qualcosa in un libro e nel tardare ad apprezzare, invece, quella diversità che è un ulteriore arricchimento.



   lo scrittore sarà presente al Festival della Letteratura di Mantova    

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