lunedì 8 agosto 2016

David Malouf, “Una vita immaginaria” ed. 2001

                                                   Voci da mondi diversi. Australia
           il libro dimenticato

David Malouf, “Una vita immaginaria”
Ed. Frassinelli, trad. Pirri e Giannetti, pagg. 178, Euro 13,43  

   Un David Malouf che ritorna a temi ‘antichi’, come nell’indimenticabile “Io sono Achille”. Nella novella o romanzo breve “Una vita immaginaria” il protagonista è Ovidio, il poeta romano nato a Sulmona nel 43 a.C. e morto a Tomi (oggi Costanza) nel 18 d.C.. A Tomi era stato mandato in esilio da Augusto, l’8 d.C., per motivi non noti. Una segretezza di riguardo voluta dal poeta stesso che aveva scritto, “Due crimini mi hanno perduto, un carme e un errore: di questo debbo tacere quale è stata la colpa”.
    David Malouf immagina Ovidio negli anni dell’esilio, relegato ai confini del mondo dove, ‘per otto mesi all’anno la terra gela. Venti polari soffiano sopra di essa.’ E poi, quando il ghiaccio si scioglie, ‘l’intera pianura diventa molle e maleodorante’. Altro che lo splendore di Roma, altro che palazzi, altro che profumi e colori mediterranei. ‘Sto descrivendo una condizione mentale, non un luogo.’ Gli mancano anche le parole per descriverlo, la sua lingua non è più sua, tace nella sua mente, non capisce quello che dice la gente che lo circonda. Si chiede, ‘Dovrò riimparare tutto come un bambino?...Attraverso i sensi, ma senza che le cose abbiano la magia speciale del loro nome nella mia lingua madre?’.

In questa solitudine totale, è l’incontro con un ragazzo- sarà poi il Ragazzo- che risveglia lentamente il poeta ad una nuova vita. Il ragazzo viene avvistato durante una battuta di caccia nella foresta, sembra lui stesso un animale, che sia un ragazzo-lupo, una di quelle creature strane di cui si favoleggia? Dopotutto, la leggenda non dice, forse, che Romolo e Remo sono stati allattati da una lupa? dovrà passare un altro inverno prima che il ragazzo venga catturato e portato al villaggio. Sarà Ovidio a prendersene cura- per lui è come se il suo compagno invisibile di giochi dell’infanzia fosse riapparso adesso, ancora una volta per tenergli compagnia. E intanto, lentamente, nella rassegnazione dell’esilio, qualcosa è successo a Ovidio, qualcosa si è risvegliato dentro di lui: ‘ora capisco la lingua di questo popolo quasi come la mia e la trovo stranamente commovente’. E’ un linguaggio espressivo, più basilare, vicino alla natura delle cose. La nostra lingua interpreta per noi il nostro mondo, e se quello di Tomi è un mondo diverso, lontano anni luce dalla capitale di Augusto, ha bisogno di un’altra lingua. Una agisce sull’altro. Sarà questa lingua che Ovidio cercherà di insegnare al Ragazzo.
Tomi, odierna Costanza
     David Malouf ha scritto la sua interpretazione delle ‘Metamorfosi’ di Ovidio. Perché è una doppia metamorfosi quella a cui assistiamo- metamorfosi di Ovidio che si adatta, che accetta l’alterità di quelli che dapprima guardava con un certo qual disprezzo, come barbari, e metamorfosi del ragazzo che passa dal mondo animale a quello umano. Di più- se prima era solo il Ragazzo che poteva passare con facilità dal regno animale a quello umano, è grazie all’amicizia con lui che Ovidio acquista una nuova capacità di scambio e di comprensione. Il Ragazzo ride ai primi tentativi di Ovidio che, cercando di imitare lui, si sforza di imitare i richiami degli uccelli. Poi il poeta ci riesce. Un’altra metamorfosi è compiuta.
    Non finisce qui, il racconto di Malouf. Deve finire per spiegare in qualche modo perché non si sappia dove sia la tomba di Publio Ovidio Nasone.

Un libro poetico, tra realtà e finzione narrativa, tra storia e leggenda.





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