domenica 7 agosto 2016

David Malouf, “Nel mondo grande” ed. 2000

                                                        Voci da mondi diversi. Australia
            la Storia nel romanzo
            il libro dimenticato


David Malouf, “Nel mondo grande”
Ed. Frassinelli, trad.Franca Cavagnoli, pagg. 407, Euro 16,53

    Vic e Digger. Due amici- sono veramente amici, questi due uomini così diversi? Che cosa è che li lega? All’inizio del romanzo “Nel grande mondo” di David Malouf, autore di origine anglo-libanese ma nato in Australia, un Vic non giovanissimo si reca spesso a trovare Digger che vive con la sorella in una località isolata, ad una certa distanza da Sydney. E’ attraverso gli occhi della sorella- goffa e sgraziata, un poco ‘lenta’ di testa- che conosciamo Vic. Jenny diffida di Vic, le sembra che stia assillando Digger per ottenere qualcosa da lui, qualcosa che Digger è restio a concedere. Sapremo alla fine di che cosa si tratta. Ci importa di più capire perché Digger abbia acconsentito, visto che non è ambizioso, non come Vic.
    Provengono entrambi da famiglie povere, Vic e Digger, entrambi hanno avuto uno stretto legame con la madre. Il colpo di fortuna di Vic era stato di restare orfano. Perché la sua vita era cambiata di colpo: suo padre, durante la prima guerra mondiale, era stato l’attendente di un capitano ed aveva affidato suo figlio a lui, nel testamento. Questo Mr. Warrender era un uomo buono, aveva preso Vic con sé, lo aveva cresciuto con le sue figlie. Gestiva l’industria di sapone che apparteneva alla famiglia della moglie, lui era un tipo un po’ sognante, scriveva poesie, avrebbe acquistato una certa fama. Poi la seconda guerra mondiale li aveva travolti, una guerra che né Vic né Digger capivano, come non la capivano tutti gli altri giovani australiani che si erano arruolati insieme a loro.

     La guerra era finita presto, per gli australiani in Malesia. Nel 1941 era stata firmata la resa con i giapponesi e più di 22.000 prigionieri erano stati internati nel campo di Changi- ne sarebbero morti più di 8000. Le pagine della prigionia di Vic e di Digger- ma anche di Doug, di Mac, degli altri ragazzi che impariamo a conoscere- occupano la parte centrale del libro di Malouf e ne sono il cuore. E’ in queste pagine che dobbiamo cercare il fondamento dell’amicizia tra i due protagonisti. Un’amicizia che passa attraverso la giungla, il fango, le marce forzate, il lavoro disumano per la costruzione della ferrovia della morte per collegare Thailandia e Birmania (ne abbiamo letto nel bellissimo libro di Richard Flanagan, “La strada stretta verso il profondo Nord”), e che oscilla tra due sentimenti opposti, almeno da parte di Digger, perché è come se loro due fossero incatenati ad una sorta di bilanciere- quando uno è nella posizione in alto, l’altro è in quella in basso, quando uno ha un attacco di malaria, l’altro sta bene e viceversa. La prima volta che Digger, semicosciente per la febbre, aveva visto Vic mangiare avidamente anche la ciotola di riso destinata a lui, gli aveva dato del ladro, era inorridito. Dopo, però, era stato Digger a rubare il riso di Vic, quando era stato il suo turno di essere scosso dalla malaria. La vita dell’uno era appesa alla malattia dell’altro. Quando il piede di Digger aveva minacciato di mandare in cancrena tutta la gamba, Vic aveva trascinato l’amico al fiume perché i pesci mangiassero la carne marcescente. Eppure Vic era responsabile della morte di un uomo- Digger aveva visto che cosa era successo al suo amico Mac.
la ferrovia della morte
     Come si può continuare a vivere, dopo tutto questo? Come si può, a ventun anni, riprendere il proprio posto tra chi non sa e non vuole sapere? Il percorso di Digger e di Vic sarà molto diverso, segnato per sempre anche nei sentimenti- il matrimonio di Vic sarà una ‘seconda scelta’, Digger prenderà il posto dell’amico morto a fianco della moglie di questi, quasi sia di troppo l’impegno per raggiungere l’intimità con una sconosciuta. Il successo economico per uno, una vita piana e di routine per l’altro.
     “Nel grande mondo” è un bel romanzo, eppure non ha destato in me l’entusiasmo dell’altro romanzo di Malouf  che avevo letto in passato, “Il mio nome è Achille”. Mi è sembrato mancasse qualcosa, forse è mancata una mia risposta appassionata ai personaggi. Ho proseguito la lettura, in cerca di quel non so che, ma non l’ho trovato.




    

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