Voci da mondi diversi. India
Ed.
Sellerio, trad. Gioia Guerzoni, pagg. 319, Euro 17,00
Suo padre è morto. Kōsuke, che da anni vive in
America, tra New York e Los Angeles dove ha acquistato una certa notorietà
programmando effetti speciali per il cinema, deve tornare in Giappone. Se la
prende comoda, Kōsuke, non
riuscirà neppure ad essere presente al funerale, e questo dice già tutto della
distanza che si è creata, non solo geografica ma anche di relazione personale,
tra lui e la sua famiglia. Quando arriva a Tokyo e incontra la sorella, viene
subito calato in un altro mondo, in un altro genere di preoccupazioni.
Il padre di Kōsuke era un sacerdote scintoista. Kōsuke aveva sempre sentito il padre lontano da lui, preso come era nella gestione del piccolo santuario, nell’organizzare le cerimonie, nell’occuparsi della comunità. Si sentiva più legato all’altro sacerdote, ormai anziano, che diventa adesso per lui un ponte tra presente e passato, che gli rivela il carattere del padre e la sua nascosta grandezza, la sua dedizione totale al servizio del santuario e dei fedeli.
La situazione non è affatto semplice- che
cosa vuol dire ereditare un santuario? Che cosa è chiamato a fare, Kōsuke? E se rinunciasse e
lasciasse il santuario alla sorella? Prima di tutto c’è il problema economico.
Tutti i santuari sono in difficoltà in Giappone, gravati dalle tasse, soggetti
a pressioni ricattatorie dalla yakuza
che mira ad acquistare i terreni su cui sorgono per costruire complessi
immobiliari al loro posto. Il padre di Kōsuke aveva già dovuto
sacrificare la lussureggiante foresta che illuminava i ricordi dell’infanzia di
Kōsuke.
Kōsuke non ha il minimo dubbio, appena arrivato. Si sbarazzerà del
santuario e tornerà in America dove, oltre al lavoro, ha un legame importante
con una donna a cui- altra decisione da prendere- vorrebbe chiedere di sposarlo.
Poi iniziano i dubbi, i tentennamenti, l’ondata di ricordi, i confronti.Meiji Jingu di Kengo Kuma
Sono duplici i confronti che sorgono
spontanei nella mente di Kōsuke,
perché il ritorno di questo Ulisse dei nostri tempi è diverso eppur stranamente
simile a quello dell’eroe greco. Non sono gli altri che non riconoscono Kōsuke, come avviene per Ulisse,
ma è lui che non si raccapezza più, non riconosce la nuova Tokyo
occidentalizzata che ha perso la sua anima, che ha distrutto per ricostruire
senza tener conto della cultura millenaria che era dietro a quello che
abbatteva. Kōsuke riconosce
che Kengo Kuma è un genio dell’architettura, ma dove è finito il bel santuario
di legno di una volta? Quello che Kōsuke
vede, quello che attrae più turisti e più soldi, è un santuario finto, come è
finto il sacerdote sugli scalini. Come è possibile che abbiano costruito degli
edifici così alti da dominare i tetti della dimora dell’imperatore? Nel nuovo
Giappone, nella nuova Tokyo, è venuto meno il rispetto, si è persa la
sacralità.Kengo Kuma
Invece della Penelope che aspetta Ulisse, Kōsuke incontra una compagna di
scuola- è lei a riconoscere lui e sarà poi, invece, la fidanzata americana a
trovarlo cambiato, quasi irriconoscibile, quando lo raggiunge a Tokyo. La
compagna di scuola ritrovata è una donna infelice, Kōsuke potrebbe anche innamorarsi di lei ma sarebbe
aggiungere pericolo a pericolo. Perché, se Kōsuke aveva iniziato a capire il peso che la yakuza (la maggiore organizzazione
criminale del mondo) aveva avuto nel lento declino del santuario del padre
esaminandone i conti, adesso che le minacce si sono fatte più pesanti e
concrete, Kōsuke capisce
che non è solo la sua vita ad essere a rischio.
Edward M. Forster aveva scritto,
nell’esergo di “Passaggio in India”, “Only connect…”. Erano altri tempi, c’era
l’esigenza di connettere l’Oriente con l’Occidente, c’era la speranza che si
potesse fare. È ancora possibile connettere l’Oriente con l’Occidente? O è
troppo tardi e la cultura (o non-cultura) occidentale ha fagocitato quella
orientale, impregnata di silenzio, di oscurità (i kami non vogliono la luce, ripete spesso Kosuke), di presenze
invisibili, di tempo lento?
“La
foresta nascosta” di Rhadika Jha è un libro bellissimo che ci porta in un
Giappone inedito, che ci fa meditare.
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