Casa Nostra. Qui Italia
seconda guerra mondiale
Gianni Dubbini Venier e Giovanni Fantoni Modena
Ed.
Neri Pozza, pagg. 224, Euro 18,05
Singapore,
Singapura, ‘la città del leone’ in malese, situata sull’estrema punta della
penisola malese, su una delle 58 isole che formano un arcipelago.
Singapore oggi, città stato, quarto
principale centro finanziario del mondo, città cosmopolita, secondo paese più
densamente popolato del mondo, con un porto che è tra i primi cinque per
attività e traffico mondiale.
Singapore nel passato. Città contesa dalle potenze europee per la sua strategica posizione geografica, passata e ripassata di mano dagli olandesi agli inglesi finché nel 1824 il trattato anglo-olandese accordava ai britannici il controllo di Malacca e Singapore e in cambio gli olandesi ottennevano l’evacuazione britannica di Sumatra, Giava e isole vicine. La Compagnia inglese delle Indie Orientali assumeva dunque il controllo amministrativo di Singapore. Alla fine della prima guerra mondiale gli inglesi realizzarono la grande base navale di Singapore- doveva essere il baluardo contro una possibile invasione giapponese. Singapore sarebbe stata imprendibile.
E invece Gianni Dubbini Venier, nel suo
libro scritto con Giovanni Fantoni Modena, ci racconta quello che accadde alla
città imprendibile in cui, nel febbraio del 1942, entrò vittorioso l’esercito
giapponese, arrivato da terra e non dal mare verso cui era puntata tutta la
difesa- sei giorni di combattimento e poi la resa. Winston Churchill l’avrebbe
definita come ‘il peggior disastro e la più grande capitolazione della storia
inglese’.
“Fuga dalla fortezza celeste” ha il fascino del romanzo che è una storia vera, una storia personale con un protagonista ‘vero’ che si muove nella grande Storia e ne porta le cicatrici nel corpo e nell’anima, che è, nello stesso tempo, un grande romanzo di avventura con qualcosa di salgariano nelle descrizioni dello stentato avanzare del gruppo di soldati fuggiaschi nella giungla.
Si chiama Charles McCormac l’eroe del
romanzo e definirlo ‘eroe’ non è solo perché ricopre il ruolo di protagonista
delle vicenda, ma perché lo fu veramente- gli fu conferita una medaglia al
valore alla fine della guerra. McCormac era un ufficiale della RAF, era già
scampato una volta alla morte quando il biplano sul quale volava era
precipitato in mare per un guasto, a Singapore aveva sposato una ragazza
euroasiatica che era in attesa del loro primo figlio quando i giapponesi
conquistarono la città. Lui fece a tempo a farla imbarcare in fretta e furia su
una nave affollata di civili in fuga prima che succedesse il peggio. Perché
sappiamo la violenza e l’indiscriminata crudeltà dei soldati nipponici che
facevano rotolare teste per terra con le loro katane. Charles fu preso prigioniero e internato nel campo di Pasir
Pajang dove capì presto che sarebbe morto se non avesse tentato la fuga. Meglio
morire fuggendo che sotto le indescrivibili torture che aveva assaggiato.
Furono in diciassette a tentare la fuga e solo due di loro dovevano farcela in
quei disperati cinque mesi attraverso la giungla indonesiana e poi l’ancora più
disperato tentativo di raggiungere l’Australia in una imbarcazione di fortuna.le singolari case di Minangkabau in cui si imbatterono i fuggitivi
Furono aiutati, a rischio della vita, da indigeni locali ma non furono
risparmiati da fame, sete, febbri, malaria, punture di insetti. In realtà un
altro di loro sopravvisse e la sua è una piccola storia insolita dentro quella
principale- era un donnaiolo, si era innamorato di una ragazza del villaggio
che aveva offerto loro ospitalità e non era voluto ripartire. Anni più tardi, a
guerra terminata da un pezzo, Charles avrà notizie di lui…Giovanni Fantoni Modena
Leilani McCormac Stafford, una delle figlie
di Charles McCormac, ha messo l’archivio di famiglia a disposizione degli
autori per questo romanzo che termina con un’interessante e intrigante
considerazione sulla Singapore di oggi, vista come un ‘assaggio del nostro
futuro’, perché ‘un processo di singaporizzazione è in atto in tutti i
continenti’. Con questo termine coniato apposta, Gianni Dubbini Venier intende quella
morte dello spirito ‘in favore del Leviatano tecnologico’ profetizzata da
Spengler. La caduta di Singapore non è stata soltanto l’inizio della fine del
colonialismo ma anche la morte del mondo di ieri che ormai non esiste più. “A
Singapore abbiamo smarrito la nostra identità”, dice lo scrittore. Ci siamo
omologati, grazie alle, o a causa delle, nuove tecnologie.
Interessante, appassionante, documentato, coinvolgente.
Da leggere.
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