Voci da mondi diversi. Francia
biografia romanzata
Catherine Bardon, “Flor de Oro. La figlia del tiranno”
Ed.
e/o, trad. Alberto Bracci Testasecca, pagg. 373, Euro 19,50
Flor de Oro. Era stato suo padre a
scegliere di chiamarla così e, con questo nome che dà l’idea di bellezza, delicatezza,
preziosità, ci si immagina un padre che avrebbe circondato la figlia di cure e
di affetto. Niente affatto. Suo padre era Rafael Trujillo, il sanguinario
dittatore di Santo Domingo, il Jefe, ‘l’Orco dei Caraibi’. Si potrebbe pensare
che suo padre avesse due facce e riserbasse a Flor de Oro quella amorevole.
Niente affatto. In tutta la sua vita Flor de Oro avrebbe cercato di adeguarsi a
quello che il padre voleva da lei, proprio per conquistare la sua benevolenza,
e invece i momenti di ‘grazia’ erano stati rarissimi.
Nelle note finali Catherine Bardon ci dice come sia arrivata a scrivere questo romanzo, perché si sa pochissimo della figlia di Trujillo. Doveva scrivere una guida turistica dei dominicani celebri e uno dei nomi era quello di Porfirio Rubirosa- chi non conosce l’affascinante playboy, giocatore di polo, diplomatico e spia, che ha ispirato il personaggio di James Bond e che è morto schiantandosi con la sua Ferrari contro un albero del Bois de Boulogne alle prime ore del mattino dopo una notte di bisboccia?
‘Rubi’ aveva avuto molte mogli, anche la famosa attrice francese Danielle Darrieux, ma la prima era stata Flor de Oro Trujillo, appena diciassettenne. Non è stato facile per Catherine Bardon trovare notizie di questa donna nata nel 1915 e morta nel 1968. E scrivere la storia della sua vita ha richiesto calarsi nel personaggio e immaginare i suoi sentimenti, le sue reazioni. D’altra parte, come dice la stessa scrittrice, la vita di Flor de Oro “ha avuto più immaginazione del più creativo dei romanzieri”.
Era bella, Flor de Oro, anche se di certo
al padre non doveva piacere che il colore della sua pelle, i capelli scuri e
ricci, quegli occhi di un nero profondo, rivelassero la goccia di sangue nero,
haitiano, che era in lui (il Jefe si incipriava per schiarire il suo colorito).
Aveva un sorriso luminoso e smagliante che era parte del suo fascino. Sua madre
era l’unica vera moglie di Trujillo, l’unica sposata in chiesa, poi soppiantata
da altre mogli sposate con rito civile e da schiere di amanti che gli avrebbero
dato figli bastardi (una di queste era la più cara amica di Flor, sua
coetanea).Flor de Oro con Rubi
Il primo trauma di Flor era stato
l’allontanamento dalla madre- era stata mandata in Francia a studiare quando
era ancora una bambina. Possiamo immaginare la solitudine e la difficoltà ad
ambientarsi in un paese freddo dove veniva guardata con un certo disprezzo,
dove le compagne del collegio non sapevano neppure dove fosse la sua isola.
La narrativa di Caherine Bardon è vivida e
vivace e, se ha molto del feuilleton, è perché la vita stessa di Flor de Oro fu
una vita da feuilleton, che sarebbe incredibile se non fosse vera. Ad iniziare
dai nove- sì, nove- mariti. Quello per Porfirio Rubirosa era stato veramente un
grande amore, il colpo di fulmine della giovinezza. Lei sapeva che lui la
tradiva, sapeva della sua esistenza dissoluta, eppure, anche dopo il divorzio,
avrebbe continuato ad amarlo. Aveva amato qualcun altro, veramente, dopo
quell’uomo che la chiamava Fleur? Forse il medico che l’aveva tirata fuori
dalle sue dipendenze, dall’alcolismo, dai disturbi alimentari, dalla depressione.
Da questo marito non aveva divorziato- era morto in un incendio. E gli altri?
C’era sempre il padre dietro gli altri. Anzi, c’era il dittatore che non
tollerava offese al suo onore, non accettava da lei comportamenti disdicevoli a
cui l’unico rimedio era il matrimonio. E molto spesso c’era un tornaconto
economico o politico dietro quei matrimoni.Rafael Trujillo
E poi era stato uno shock per Flor de Oro
scoprire chi fosse veramente suo padre. Era possibile scindere la persona del
padre a cui la legava un rapporto complesso da quella che affogava nel sangue
il suo paese, che aveva un ego smisurato, che coltivava il culto della
personalità, che aveva costantemente umiliato sua madre e lei?
Non si può fare un paragone tra “Flor de
Oro” di Catherine Bardon e “La festa del caprone” di Mario Vargas Llosa. Il
romanzo di Vargas Llosa è un capolavoro, opera di un gigante della letteratura,
ma il romanzo di Catherine Bardon illumina la sofferenza di una donna vittima
di un rapporto malsano con un padre dominatore- nella bella copertina la luce è
su di lei, Flor, con il suo viso aperto e il sorriso che conquista, lasciando
nell’ombra la buia figura de ‘l’orco dei Caraibi’.
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