vento del Nord
premio Nobel 2023
Jon Fosse, “Mattino e sera”
Ed.
La Nave di Teseo, trad. Margherita Podestà Heir, pagg. 160, Euro 16,00
Da quanto è vecchio il mondo, da sempre, la
mattina e la sera, il sorgere e il tramontare del sole, sono l’immagine
dell’inizio e della fine della vita.
Il
breve romanzo di Jon Fosse, breve come un respiro, come la vita stessa, inizia
con un bambino che viene al mondo. Si chiamerà Johannes. Come il nonno. Farà il
pescatore. Come il nonno.
È il nonno Johannes il protagonista, nel
suo ultimo giorno su questa terra o forse quando è già nell’aldilà o forse
quando è sulla soglia dell’altro mondo.
Si sveglia, Johannes. Si sveglia? O è già nel grande sonno dove sogna di svegliarsi? Pensa che adesso farà le solite cose, una tazza di caffè e una sigaretta, come sempre. Quando- è ormai sera- la figlia minore arriva in casa del padre, preoccupata perché le hanno fatto sapere che Johannes non si è visto per tutto il giorno, le sigarette sono lì sul tavolo, il caffè non è stato fatto.
Seguiamo Johannes nell’arco della giornata-
la sua ultima, uguale a tutte le altre. E veniamo a sapere tutto o quasi di
lui, del primo amore con la ragazza così bella messa incinta da un altro,
dell’incontro con quella che sarebbe poi diventata sua moglie, dei figli, della
barca e delle uscite quotidiane in mare, dell’amico Peter che lo aveva salvato
ripescandolo con un arpione la volta che lui, Johannes, era caduto in acqua e
stava per annegare. Incontra anche Peter, in questo giorno, e a tratti gli pare
naturale- non è tutto come al solito?- a tratti, invece, si stupisce- non è
morto, Peter? Appare come una sorta di figura evanescente, un fantasma, Peter,
con i capelli lungi e radi perché è da un po’ che Johannes non glieli taglia. È
come se Peter entrasse e uscisse da un sogno, come se attraversasse un sipario
trasparente. Lo stesso fa la moglie molto amata, che gli viene incontro mentre
lui rientra- perché lo ha lasciato solo, andandosene prima di lui? E la figlia,
che si affretta verso la sua casa, e non lo vede? Farà finta di non vederlo?
Johannes è stato un brav’uomo, non è stato facile provvedere alla famiglia facendo il pescatore, eppure ce l’ha fatta.
In
questo romanzo che ha un contenuto non originale, la bravura di Jon Fosse è
nella poeticità della scelta delle situazioni e della lingua, nel creare
l’impressione del crepuscolo della vita tra rimpianto per quanto è passato e
soddisfazione del conchiudere la propria esistenza in pace con tutto e con
tutti. Lo stile narrativo si fa notare, come in “Settologia” per la
punteggiatura- ci sono le virgole ma non i punti. Eppure la mancanza dei punti
non ha importanza, il lettore è obbligato a fare una pausa nella lettura ogni
volta che lo scrittore va a capo. Un vezzo stilistico, dunque?
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