martedì 17 ottobre 2023

Pina Ligas, “Anime sperse” ed. 2023

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Pina Ligas, “Anime sperse”

Ed. Iacobelli, pagg. 244, Euro 18,50

 

   1860. L’Italia si avvia verso l’unità sotto la guida del Re di Savoia. È un periodo difficile, di transizione.

   Un giardino in Liguria risuona delle voci di bambini che giocano. Una di loro è presa di mira dai loro scherzi e dalle loro parole: è Costanza, la sorellina sfortunata, nata con una gambetta più corta dell’altra. Zoppica e non è veloce come i fratelli nel gioco di nascondino. Come se non bastasse, è anche lenta nell’apprendere e ha ‘il mal caduco’. Non dovrebbe essere un peso per una famiglia che ha molti mezzi come quella del conte De Blanchard, ministro del governo sabaudo. Eppure c’è il peso della vergogna per quella ‘macchia’ sulla perfezione della famiglia che deve apparire ricca e felice. La madre della bambina è una persona debole e sottomessa al marito, la contessa madre è un’arpia- è lei che spinge il figlio, il conte De Blanchard, a prendere la decisione di far internare la bimba in un Istituto di Suore a Torino.

    Il denaro e il prestigio sociale comprano tutto, anche la resistenza della Madre Badessa che cerca di respingere la richiesta perché l’Istituto che dirige è sorto per dare un alloggio a ragazzine deviate, a volte delinquenti. E il caso di Costanza non presenta i requisiti richiesti. Tuttavia la Madre Badessa finisce per cedere, a patto che sia per un periodo al massimo di sei mesi.


Costanza diventerà una giovane donna nell’Istituto di Torino, senza più vedere nessuno della sua famiglia. E, tra mille sofferenze, questa sarà la sua fortuna.

    Questo è il prologo del romanzo “Anime sperse”. La parte centrale della trama si fa interessante perché si svolge su un doppio binario, con due vicende speculari, della figlia e del padre, tutti e due rinchiusi in quella che è per entrambi una prigione. Perché non è forse una carceriera quella suora che dovrebbe avere la funzione di istitutrice per Costanza? in un certo senso Costanza è in un carcere dorato perché suo padre si è premurato che la sua stanza fosse confortevole, non come quella delle altre internate. Ben diverso è il carcere di sicurezza su un’isola in cui è stato internato il conte De Blanchard-  leggerete perché un ministro sia finito in prigione e vi sia stato dimenticato. Sia il padre sia la figlia sono, però, due prigionieri innocenti.


   Non tutto il male vien per nuocere- come si suol dire. Se fosse rimasta con la famiglia, Costanza sarebbe stata discriminata per sempre. Invece il destino, o la Provvidenza, arriva nell’Istituto torinese nelle vesti di una suora che non per niente si chiama Angelica. Suor Angelica opera una sorta di risveglio in Costanza, le fa acquistare fiducia nelle sue capacità dimenticando la zoppia con un paio di calzature adeguate, dando ali alla sua voce di soprano.

   C’è un forte interesse sociale in questo romanzo in cui veniamo a conoscenza di crimini spesso indotti dall’indigenza, contrapposti ad altri, forse ancora più gravi, causati da ambizione, egoismo, arrivismo e culto delle apparenze. Per contro riscontriamo sentimenti come la generosità e l’amore disinteressato da parte di chi, pur appartenendo a una classe sociale inferiore, pur subendo una discriminazione uguale seppure diversa da quella di Costanza, non dimentica la legge morale superiore.

   A tratti il romanzo sfiora il feuilleton quando si addentra in torbide storie che sembrano riecheggiare la Monaca di Monza, a volte i dialoghi non suonano convincenti, poi, però, quando si avvia alla fine e ci aspetteremmo uno ‘happy ending’, ci presenta un quesito disturbante- dimenticare significa anche perdonare? Perdonare significa procedere nella vita come se niente fosse successo?

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