vento del Nord
Premio Nobel 2023
Jon Fosse, “Io è un altro. Settologia (Vol. 3-5)
Ed.
La Nave di Teseo, trad. Margherita Podestà Heir, pagg. 304, Euro 22,00
È successo tutto come al solito. Dopo le
mille speculazioni, dopo le liste di possibili vincitori tra cui alcuni nomi
ricorrono da anni in questa rincorsa al premio Nobel, il 5 di ottobre è stato
annunciato che il premio è stato conferito al norvegese Jon Fosse- come al
solito da un po’ di anni a questa parte, uno sconosciuto per la maggior parte
dei lettori italiani nonostante due sue opere siano nel catalogo della Nave di
Teseo (una terza è appena stata pubblicata il 10 di ottobre) e il libro del suo
Teatro sia stato pubblicato nel 2006 dalla casa editrice Editoria e Spettacolo.
Eppure in Norvegia è talmente noto che gli è stato concesso dal Re di
risiedere, per meriti letterari, nella residenza onoraria di Grotten, e il
Daily Telegraph lo considera uno dei 100 geni viventi. Sessantaquattrenne,
sposato con sei figli, alcolizzato fino a un decennio di anni fa, si è
convertito al cattolicesimo nel 2012.
“Io è un altro. Settologia 3-5” è il seguito
di “Settologia I-II. L’altro nome”, pubblicato nel 2019. L’inizio contiene la
cifra stilistica del romanzo- E mi vedo
mentre osservo il dipinto con le due linee, una viola e una marrone che si
intersecano al centro, e penso che il soggiorno è così freddo e che, a
prescindere dall’ora è troppo presto per alzarsi, allora perché mi sono alzato?....scrutando
nel buio vedo Asle in cortile, è seduto sull’altalena, ma non si dondola…residenza di Grotten
L’io narrante è l’anziano pittore Asle che aggiungerà a poco a poco dettagli che ci aiutano ad immaginarlo- capelli grigi raccolti in una coda per compensare l’inizio di calvizie, giacca di velluto nero, borsa di cuoio che è la stessa che si era comprato da ragazzo, quando era andato a studiare lontano da casa. Il secondo Asle che il pittore vede in cortile è se stesso da bambino che deve affrontare la mamma (sempre citata come ‘Madre’, accanto a ‘Padre’, ‘Nonno’ e ‘Nonna’, ‘Sorella’, ‘Medico’, ‘Panettiere’ e così via) che gli chiede furibonda dove abbia preso le tre corone che erano nelle tasche dei suoi pantaloni. Il presente confluisce senza stacco nel passato per tornare nel presente. Asle pittore con il quadro delle due linee che vuole tenere per sé invece di regalarlo all’amico pescatore Åsleik (uno dei pochissimi nomi che appaiono nel romanzo, insieme a quello della moglie morta, Ales- tutti riconducibili al nome del protagonista) si alterna ad Asle bambino e poi ragazzino che eccelle in una sola materia a scuola, il disegno, e che a quindici anni va a vivere da solo ad Aga per frequentare il Liceo e poi l’Accademia. La narrativa poi ritorna al presente con Asle che porta i suoi quadri alla galleria che li esporrà (quando il racconto scivola nel passato troviamo la storia di come Asle sia arrivato ad acquistare la fama con questi quadri di pittura astratta che non piacevano a nessuno delle sue conoscenze), e, se nel passato Asle giovane andava a trovare al ricovero la Nonna a cui era molto affezionato, nel presente cerca di essere ammesso all’ospedale dove un altro Asle, pittore anche lui e chiamato Omonimo nelle pagine del passato, sta morendo. Era stato proprio lui, Asle il protagonista, a trovarlo ubriaco, forse in coma etilico, sul bordo della strada, nella neve. Da subito, quando Asle giovane aveva fatto conoscenza di Omonimo, abbiamo capito che questi è il suo doppio, che la sua discesa nell’alcolismo è quella che si annuncia al narratore nel momento stesso che accetta che un amico alteri la sua data di nascita sulla carta di identità per poter comperare la birra.
Tra presente e passato, tra bevute e
smemoratezze, c’è tutta la vita di Asle in queste pagine, la passione dominante
per la pittura e quella per la moglie che ha avuto su di lui una così grande
influenza da indurlo a convertirsi al cattolicesimo, ci sono le sue riflessioni
sulla religione, l’importanza e il significato della fede, la recita delle preghiere in latino, e
lo sguardo fisso sulla sedia vuota della moglie su cui non permette a nessuno
di sedersi.
Il flusso di coscienza usato da Fosse
ricorda Joyce, così come il breve tempo della narrazione ricorda quell’unico
giorno di “Ulisse”, mentre le riflessioni sul finir della vita e il gioco di
nomi uguali o simili a quello del protagonista richiamano alla mente “Malone
muore” di Samuel Becket. L’uso della punteggiatura è personale in questo
romanzo che finisce per essere un poco claustrofobico. Per una strana alchimia,
per l’indubbia bravura dello scrittore nel creare pause, non sentiamo la
mancanza di virgole e punti- non c’è un punto, un full stop neppure alla fine del libro. Indica che tutto continua?
Magari in un’altra vita?
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