Voci da mondi diversi. Nigeria
cento sfumature di giallo
Femi Kayode, “Il cercatore di tenebre”
Ed.
Longanesi, trad. Andrea C. Cappi, pagg.387, Euro 18,60
Una cittadina universitaria in Nigeria.
Uno psicologo forense. Un omicidio atroce di cui si conoscono i colpevoli (una
folla aizzata e inferocita) ma di cui non si conosce il motivo. Una narrativa
veloce e ricca di colpi di scena.
Tutto
questo fa sì che “Il cercatore di tenebre”, primo romanzo di Femi Kayode, sia
un ottimo ‘giallo’, giudicato tra i migliori del 2021.
Il protagonista, lo psicologo forense Philip Taiwo, è ritornato da poco dagli Stati Uniti in Nigeria per seguire la moglie che ha ottenuto un incarico universitario a Lagos. È importante che sia, in un certo senso, un estraneo e anche uno ‘straniero’, perché tutto è talmente diverso dall’ambiente in cui ha vissuto- dai comportamenti al modo di pensare, alle procedure poliziesche- che gli riesce difficile capire che cosa succede intorno a lui, valutare il pericolo di certe situazioni, a volte addirittura capire che cosa si stia dicendo. Due persone gli sono di aiuto, l’autista che poi si rivela essere più che un semplice autista (qual è il suo passato? Che cosa gli sarà mai successo per avere il corpo segnato da vistose cicatrici?) e una donna avvocato incontrata per la prima volta sull’aereo che da Lagos lo ha portato alla cittadina di Okriki e che si rivela essere l’avvocato della difesa nel caso di cui si deve occupare Philip Taiwo.
Era stato suo padre, per amicizia con il
padre di uno dei ragazzi morti, che lo aveva pregato di accettare la richiesta
di questi, distrutto e tormentato dall’immagine, diffusa sui social, dei tre
ragazzi divorati dalle fiamme. Il ricco banchiere Emeka non riesce a
capacitarsi- suo figlio non conosceva gli altri due ragazzi accusati di un
ennesimo furto che avrebbe scatenato l’ira della folla. Suo figlio era uno
studente modello, quel pomeriggio era andato a trovare la fidanzata, che cosa
ci faceva laggiù dove poi sarebbe avvenuto un vero e proprio linciaggio?
Philip Taiwo non è un detective, la sua
specializzazione è nell’analizzare i comportamenti, nel cercare le motivazioni
per lo scatenarsi della violenza. Eppure deve diventare un detective suo
malgrado, forzato in questo ruolo dalla realtà che lo circonda. È guardato con
sospetto appena si viene a sapere del suo interesse per i ‘Tre di Okriki’, la
stanza prenotata dell’albergo all’improvviso non è più disponibile, il capo
della comunità religiosa lo convoca e viene fuori che è il padre del
commissario di polizia nonché lo zio dell’affascinante donna avvocato,
l’affittacamere della pensione dove alloggia tuttora lo studente che ha lanciato
l’allarme lo scaccia in malo modo. Lagos
E poi, quante sono le cose che Philip non
capisce, quante quelle su cui gli hanno mentito, quante altre verità saltano
fuori? Ad iniziare dalla faccenda delle confraternite universitarie che hanno
avuto un inizio glorioso con niente di meno che il premio Nobel Wole Soyinka
che ne ha fondato una e che poi invece si sono trasformate in sette segrete
(con quali intenti? chi ne faceva parte?), dal padre che gli ha affidato
l’incarico, uomo di grande potere che possiede addirittura un jet privato e che
è pronto ad una giustizia privata, dal presunto autista che diventa la spalla
di Philip e che nasconde un fucile ad alta precisione nel bagagliaio. A tutto
questo, ai pericoli in agguato per Philip che rischia la vita, si aggiunge la
sua incertezza per un possibile tradimento della moglie- un sottile filone di
cui si poteva fare a meno ma che aggiunge un tocco personale e intimo alla
figura del protagonista.
Un bel romanzo, “Il cercatore di tenebre”
di Femi Kayode (è singolare che il titolo italiano sia l’esatto opposto di
quello originale Lightseekers: i due
estremi si toccano?). Un romanzo tout court, perché c’è un’indagine-
diversa dalle solite-, ma soprattutto ci sono un’ottima caratterizzazione e una
splendida ambientazione: apprendiamo
molto della Nigeria, della società, della cultura, della sua economia. Un
romanzo per ampliare i nostri orizzonti.
Nelle
pagine dei ringraziamenti l’autore dice che il video virale di quattro studenti
della University of Port Harcourt, linciati e bruciati vivi, continua ad
ossessionarlo e che spera che il suo libro contribuisca alla prevenzione di
crimini violenti commessi dalla folla.
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