mercoledì 23 gennaio 2019

Neel Mukherjee, “Redenzione” ed. 2018


                                                 Voci da mondi diversi. India


Neel Mukherjee, “Redenzione”
Ed. Neri Pozza, trad. Norman Gobetti, pagg. 281, Euro 18,00


    “A state of freedom”, il titolo originale del nuovo romanzo di Neel Mukherjee. Un romanzo che avevo molto atteso e con cui ho fatto fatica a sintonizzarmi- come spesso accade quando si aveva molto amato il primo romanzo di uno scrittore. Uno stato di libertà. Quale libertà?, viene da chiedersi a mano a mano che proseguiamo nella lettura di queste pagine da cui ci si affaccia su un baratro di miseria, su una povertà che ci fa provare vergogna per tutto quello che noi del primo mondo abbiamo, non valutiamo, sprechiamo, su una mancanza di libertà che è anche letteralmente schiavitù (quando noi pensavamo che la schiavitù fosse illegale da più di un secolo, mentre lo è solo sulla carta).
      Personaggi diversi sono al centro delle cinque parti del libro e tuttavia ognuno di loro appare marginalmente in un’altra delle cinque parti. Quando, alla fine del libro, nel suo monologo, l’operaio muratore (è quello che è precipitato dall’alto, dove lavorava senza protezione, nella prima parte) ricorda due mandarini che lui e il fratello avevano ricevuto da un bambino che era passato in automobile (!!!) accanto a loro, noi sfogliamo le pagine indietro per ritrovare lo stesso ricordo dell’uomo con la faccia volpina che va in giro con l’orso- è lui il fratello dell’operaio. E d’altra parte l’uomo con l’orso, che conosce una sorta di folle libertà abbandonando la famiglia e andando in giro cercando di guadagnare soldi facendo ballare l’orso, era ripetutamente comparso nella prima parte, in cui un indiano che si sente ormai un turista nella sua terra accompagna il figlio di sei anni a vedere il Taj Mahal e Fatehpur Sikri.
Fatehpur Sikri
La domestica Milly, che conosciamo nella seconda parte, diventa la protagonista assoluta della quarta parte. E’ lei che, mandata a lavorare lontano da casa a soli otto anni, sperimenterà a Bombay la schiavitù dorata- la famiglia presso cui lavora la paga bene, le mettono i soldi su un libretto di risparmio, ma non può allontanarsi da casa. Fuggirà nascosta dentro un armadio, con l’aiuto di un ragazzo con cui parlava a segni dalla finestra (diventerà suo marito), lavorerà presso quattro famiglie diverse risparmiando rupia su rupia e vivendo in uno slum le cui misere case vengono regolarmente allagate durante i monsoni. Il figlio della signora presso cui lavora Milly (vive a Londra e ritorna in India una volta all’anno) non sapeva neppure dell’esistenza di uno slum e resta inorridito quando lo vede. Lui sta raccogliendo ricette indiane per un libro di cucina ed è per questo che va al villaggio dove vive la famiglia della cuoca di sua madre, quella Ranu che è gelosa di Milly. Ecco l’abisso che si spalanca. Lui non ha pensato a che cosa avrebbero dovuto rinunciare i parenti di Ranu per poterlo ospitare. Qualcuno avrebbe pur dovuto cedergli un letto (forse meglio usare l’antica parola di ‘giaciglio’), tutti quanti avrebbero dovuto digiunare o quasi per offrirgli un pranzo. E la distanza tra l’indiano privilegiato che scrive di cibi indiani e i poveracci che sopravvivono con un pugno di riso non è mai stata più grande.

    Spetta a una donna, a Milly di cui ho già parlato, il merito di ambire ad uno stato di libertà degno di questo nome. Non per sé- ormai è troppo tardi- ma per la figlia che studierà anche se il padre è contrario, anche se dice, come tutti, a che serve far studiare una figlia femmina? Milly si impunta, cercherà un quarto lavoro, i soldi daranno alla figlia la libertà che passa attraverso la cultura.
      “Redenzione” non ha il fascino de “Le vite degli altri”. L’inizio è difficoltoso, si fa fatica a collegare le varie storie e a tratti la narrativa è lenta. Manca, nel romanzo, un personaggio che ci appassioni. E tuttavia è un libro che lascia un segno dentro il lettore, che ci fa sentire impotenti e a disagio davanti ad un’umanità dolente.

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