Casa Nostra. Qui Italia
cento sfumature di giallo
Mariolina Venezia, “Rione Serra Venerdì”
Ed. Einaudi,
pagg. 280, Euro 14,87
Torna Imma Tataranni, pubblico
ministero di Matera. Impossibile dimenticare Imma Tataranni. Perché è unica,
così com’è, sempre un poco sopra le righe. Così piccola di statura che indossa
sempre scarpe con tacco o zeppa molto alti, a rischio di inciamparsi- sappiamo
come sono le strade e i dintorni di Matera. Quando le succede, in questo
romanzo, tutto sommato è per lei una fortuna, visto che il maresciallo
Calogiuri, che le cammina accanto, l’afferra al volo (con risvolti bollenti).
Sempre vestita in maniera a dir poco appariscente, capace di mettersi una
maglietta zebrata sopra un paio di pantaloni tigrati (il tutto aderentissimo,
va da sé). Sempre irascibile, dispotica, a volte veramente cafona. Simpatica,
però, non c’è che dire.
Stella Pisicchio è stata trovata morta nel suo appartamento nel rione di
Serra Venerdì, in uno di quei caseggiati costruiti di fretta per portarci gli
abitanti dei Sassi dopo l’esodo forzato negli anni ‘50. La porta di casa
sbarrata dall’interno, un lucernario a misura di bambino come unica altra
possibile via di uscita, un disco con una canzone di Battisti, Emozioni, sul tavolo. Lei, Stella, in
biancheria di pizzo nero sul letto. Ecchimosi sui polsi. Strangolata. Un gioco
erotico finito male? Stella era iscritta ad un sito di incontri. Stella??? La
ragazza timida, acqua e sapone, con la treccia sulla spalla, che era stata
compagna di scuola di Imma (classe 1962 entrambe)?
Lo stile narrativo di Mariolina Venezia è travolgente (quanto la sua
protagonista) anche se le indagini procedono a rilento, nessuno ha visto
niente, ma c’è una banda di ragazzini che forse sa qualcosa. Abitano tutti nel
rione di Stella, giocano nel parchetto, le madri, sfinite dal lavoro e dai
figli, neppure si accorgono se questi rientrano a casa oppure no. Quando scompare
Stacchiuccio (il ragazzino più intraprendente e sfrontato), passano un paio di
giorni prima che la polizia venga allertata. E, scavando nella vita
insospettabile di Stella, Imma ci porta in paesini arroccati sulle Dolomiti
lucane dove sono rimasti solo i vecchi, eternamente seduti nell’unica
piazzetta, ad aspettare chissà che, a ricordare, a sorvegliare chi va, chi
viene, chi entra o esce da un antico palazzo di proprietà di uno spiantato
erede che spera di venderlo al Comune come edificio di importanza storica (in
che rapporti era costui con Stella?). E che valore hanno le lastre fotografiche
dell’800 trovate frantumate nel lamione in cui Stella aveva accatastato
anticaglie? Che nesso possono avere con la sua morte?
Le vicende della vita solitaria di Stella che aveva avuto un guizzo
finale con una speranza d’amore si contrappongono a quelle della vulcanica
Imma, divisa tra la serenità coniugale, l’attrazione verso il bel maresciallo
giovane con gli occhi azzurri e le preoccupazioni per la figlia sedicenne che vorrebbe
già fidanzarsi. Tutto raccontato in maniera scoppiettante, forse a volte
troppo, trasformando la vena comica in grottesca. E avrei preferito un finale
diverso, perché il romanzo offre due spunti molto interessanti, quello degli
immigrati lucani in Svizzera e, più importante ancora per la trama, quello dei
fatti avvenuti in Basilicata dopo l’Unità di Italia di cui pochi sono a
conoscenza- paesi rasi al suolo, rappresaglie compiute dall’esercito sabaudo
che ricordano molto quelle tristemente note dei nazisti, stragi documentate di
efferata crudeltà (ecco che scene erano impresse sulle lastre ritrovate nel
lamione). Forse la scrittrice ha pensato che queste non fossero le pagine
giuste per approfondire gli eventi che portarono alla distruzione di
Pontelandolfo e Casalduni. E tuttavia a me piacerebbe saperne di più.
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