Casa Nostra. Qui Italia
cento sfumature di giallo
Flavio Villani, “Il nome del padre”
Ed. Neri Pozza, pagg. 320, Euro 17,00
Milano. Una data imprecisata del nuovo millennio. Un’estate caldissima.
E’ questo caldo da città d’asfalto, quest’atmosfera di lentezza che riporta
alla mente del commissario Rocco Cavallo, sulla sessantina, un’altra estate
incandescente di trent’anni prima, quando lui era all’inizio della carriera,
snobbato come tale e perché era un terrone approdato da poco al nord.
E’ giocato su tre piani narrativi, “Il nome del padre”, primo romanzo
con protagonista Rocco Cavallo, con una struttura da ‘scatole cinesi’- Rocco
consegna alla viceispettrice Valeria Salemi il manoscritto in cui ha messo giù
quanto era avvenuto nel 1972 (non è un romanzo, precisa Rocco, perché un
romanzo dovrebbe avere una conclusione e quel caso non l’aveva avuta) e, in
quelle pagine, si apre un terzo racconto, di fatti avvenuti nel 1945.
Nell’agosto del 1972, mentre il suo capo, commissario Naldini, è in
ferie, a Rocco viene annunciato che è stato ritrovato il cadavere di una donna
in una valigia lasciata in deposito alla Stazione Centrale. Il cadavere è stato
fatto a pezzi, manca la testa, il riconoscimento è quanto mai difficile. Unico
indizio: una piccola croce ortodossa d’oro. Naldini interrompe la vacanza,
qualcuno mette fretta perché venga trovato un
colpevole, si pensa che la donna morta fosse una prostituta, viene
arrestato un pappone del sud e già che ci siamo lo si accusa anche di spaccio
di droga. Rocco Cavallo non è affatto convinto e non lo è neppure il
commissario Vicedomini, un uomo strano, che alza un po’ troppo il gomito, su
cui girano molte voci. E’ Vicedomini ad aprire la seconda ‘scatola cinese’,
raccontando a Rocco (nell’atmosfera molto macabra della chiesa di San
Bernardino alle Ossa) di altri due casi piuttosto simili a quello della donna
nella valigia: nel 1945 il corpo di una ragazza era stato trovato nel fango
della riva della Martesana. La condizione del cadavere mutilato aveva fatto sì
che i giornalisti dessero il soprannome de ‘il macellaio’ allo sconosciuto
assassino. E un’altra ragazza mai ritrovata era scomparsa qualche mese prima.
San Bernardino alle Ossa |
E’ possibile arrivare ad una soluzione dopo che è passato tanto tempo?
Ecco, forse è proprio il tempo, nella sua accezione astratta e in quella
climatica, il protagonista di questo intrigante romanzo di Flavio Villani. Il caldo estremo di agosto sembra
immobilizzare il tempo, le ossa che rivestono le pareti della chiesa di san
Bernardino sono un memento che l’infinità del tempo ha sempre una fine per gli
uomini ed è verso questa fine che avanzano quegli uomini che erano nella
pienezza della vita nel 1972- Naldini è su una sedia a rotelle e non è più
lucido, Vicedomini non è da meno, un loro terzo amico sembra ancora in forze,
ma fino a quando? Lo stesso Rocco, visto nella sfasatura temporale del suo
manoscritto, è invecchiato e intristito, sua moglie Rosa, la giovane innamorata
a cui telefonava (avevamo dimenticato, nella nostra era di cellulari sempre in
mano, che nel 1972 si doveva andare alla SIP in galleria per fare una
telefonata interurbana), è stata poco bene. In questa prospettiva, con una
clessidra in cui sgocciolano gli ultimi granelli di sabbia, si può ancora
mentire a se stessi e al mondo?
Bel romanzo che dà adito anche ad alcune riflessioni sociali e
politiche, bella struttura, bei personaggi, bella lingua. E bella anche Milano
che percorriamo a piedi insieme a Rocco.
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