Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
biografia romanzata
Helen Humphreys, “Amuleto celeste”
Ed. Playground, trad. M. Capuani,
pagg 207, Euro 14,45
Un libro singolare, questo “Amuleto celeste” della scrittrice canadese
Helen Humphreys. Perché è diviso in due parti e perché la protagonista è Megan
Boyd, una donna vissuta veramente (1915-2001) ma che la scrittrice ‘riinventa’,
dandole anche un nome diverso, Ruth, nella seconda parte del romanzo.
Chi era Megan Boyd? Non una donna comune. Forse, prima di tutto, per il
lavoro che aveva scelto, che aveva iniziato per caso- faceva mosche da salmone,
un’arte che la rese famosa (anche il principe Carlo era suo cliente e suo
estimatore, fu lui a procurarle un appuntamento e a farla accompagnare da un
oculista in Harley Street quando la vista di Megan si indebolì in maniera
preoccupante) e che le valse la Medaglia dell’Impero Britannico nel 1971. Poi
per il suo stile di vita. Viveva in assoluta solitudine in un cottage senza
luce elettrica né acqua corrente a Brora, in Scozia. Unico passatempo, le feste
con i balli di paese a cui lei si recava, sempre vestita con una gonna di tweed,
una camicia e una cravatta, stivali ai piedi. Il titolo originale del libro è,
infatti, “Machine without horses”, la danza folkloristica preferita di Megan.
Era una bella sfida, per Helen Humphreys, scrivere di questa donna. Che
cosa si sapeva di lei, dei suoi sentimenti, di che cosa pensava mentre stava
china, anche 14 ore al giorno nelle lunghe e chiare sere d’estate, a creare le
sue mosche dagli stupefacenti colori che avrebbero dovuto ingannare i salmoni?
Niente. Donne così riservate non lasciano traccia, fatta eccezione per le
parole con cui si giustifica con la Regina (!!) per non andare a ritirare la
medaglia (aveva una partita di bridge e poi non sapeva a chi affidare il cane)
e il biglietto che accompagna il regalo di nozze per Carlo e Diana- una mosca
da salmone creata apposta per Lady Diana, augurando alla coppia una vita intera
di pace e felicità (!!). La prima parte di “Amuleto celeste” è esplorativa, è
un girare intorno al soggetto del romanzo, è una riflessione su ‘come’ ha
origine un libro, come si cerca di entrare nella mente della persona che si è
scelta come protagonista. Helen deve diventare Megan per poter scrivere di lei.
Helen impara a fare le mosche da salmone, sono rozze, non hanno niente a che
fare con le leggiadre creazioni di Megan. Non è possibile che Megan non sia mai
stata innamorata. Prova: sarà stato un uomo a farla innamorare? O una donna?
Megan Boyd |
Poi Helen Humphreys si lancia e crea la sua Megan, che non può essere quella vera di cui si sa così poco.
Helen mette distanza tra la vera Megan Boyd e la sua protagonista che chiama
Ruth, che vive nel cottage di Megan, che passa le giornate creando le esche
(quanto impariamo sulle mosche da salmone e sugli stessi salmoni), ma che ama,
che è riamata, che soffre con i sentimenti che Helen Humphreys le presta.
La prosa di Helen Humphreys è sempre un piacere, ha una semplicità
poetica che incanta. In “Amuleto celeste”, tuttavia, un ibrido tra fiction e
biografia, è la protagonista che sentiamo lontana, che ci incuriosisce ma non
ci appassiona. Leggiamo di Megan Boyd, quella vera e quella immaginata, ci fa
piacere essere venuti a conoscenza di una donna per alcuni versi così comune e
per altri così fuori dall’ordinario- è come se avessimo appreso di un’altra
forma di arte che finora non conoscevamo-, e però non riusciamo a sentirla
vibrante accanto a noi.
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