domenica 26 luglio 2015

Robert McLiam Wilson, “Il dolore di Manfred”

                                      Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda               
                                                            il libro ritrovato



Robert McLiam Wilson, “Il dolore di Manfred”
Ed. Fazi, trad. Lucia Olivieri, pagg.220, Euro 13,50

La mancanza di Emma era uno strazio continuo. Manfred visse il primo anno senza di lei in uno stato di angoscioso appannamento, recitando sul palcoscenico della propria vita e sopportandone il peso, senza che quel che faceva lasciasse in lui alcun ricordo o quasi.


Sembra che tutto sia stato detto sull’amore, e poi c’è sempre uno scrittore di talento che riesce ad aggiungere qualcosa, a dire di più, o dire meglio, o scandagliare più a fondo un sentimento complesso e multiforme. Il protagonista de “Il dolore di Manfred” dello scrittore nord-irlandese Robert McLiam Wilson è una figura insolita, un ebreo inglese agnostico, cresciuto in una famiglia non osservante, per cui il suo essere ebreo si riduceva a quel nome dal suono tedesco e all’essere il bersaglio di filastrocche irrisorie a scuola. Quando- più tardi, molto più tardi- ne avrà acquistato la sofferta consapevolezza attraverso l’ebraicità della moglie, sarà il giovane di colore, suo vicino di casa, che sminuirà il fatto, rispondendo con una domanda analoga, “e lei lo sapeva che sono negro?” a quella di Manfred, “lo sapeva che sono ebreo?”. E’ la sua vita ad essere insolita, il suo rapporto con la moglie che lui ama moltissimo, e lo si percepisce dall’emozione e dall’ansia che è un misto di felicità e dolore con cui si prepara ad ogni incontro con lei. Manfred è separato da Emma da più di vent’anni e, per un accordo tra loro di cui scopriremo la causa solo alla fine, può incontrarla solo una volta al mese, su una panchina del parco. Ma deve girarle le spalle, non guardarla mai. Altrimenti lei si alza e se ne va- come in una vecchia favola. E adesso Manfred è anziano e ammalato di tumore e il libro è uno studio del dolore di Manfred, “pain” e non “sorrow” nel titolo in inglese, un dolore di sofferenza fisica che è un proseguimento naturale di un altro tipo di dolore, quello da lui provato per quello che ha inflitto alla moglie. Si alternano i capitoli in cui un sempre più sofferente Manfred si prepara all’incontro mensile con Emma,
aiuta una prostituta, scambia due parole con il vicino di casa,  viene insultato in metropolitana da un ragazzo che fraintende lo sguardo con cui Manfred fissa la sua compagna: assomiglia così tanto a Emma da giovane!- e quelli in cui viene rievocata la vita di Manfred, inviato in Africa a combattere una guerra che gli è estranea, lo sbarco in Sicilia, l’assedio di Montecassino, Berlino rasa al suolo, la violenza dei vincitori e l’umiliazione dei vinti. E poi il ritorno in una Londra agonizzante, l’incontro con Emma che non vuole parlare del suo passato: Manfred sa solo che è di Praga, che in un tempo finito si chiamava Rosza, che è stata internata a Birkenau e la sua famiglia è stata sterminata.
Qual è il demone che porta Manfred a distruggere l’amore e la felicità che ha trovato con Emma? E che cosa, nel passato di Emma, fa sì che lei accetti di diventare la vittima di Manfred? Fino a quando lei parla, racconta per una notte intera, e al mattino Manfred esce di casa e accetta le sue condizioni, di incontrarla una volta al mese e di non guardarla più. La più sottile e crudele delle punizioni.




Robert McLiam Wilson è stato invitato, quest'anno, al Festival delle Letterature di Massenzio. Attendiamo tutti con ansia la pubblicazione del suo nuovo romanzo, "The extremists".

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