domenica 5 luglio 2015

Helen Humphreys, “La verità, soltanto la verità”

                                              Voci da mondi diversi. Canada    
      il libro ritrovato



Helen Humphreys, “La verità, soltanto la verità”
Ed. Playground, trad. Carlotta Scarlata, pagg.238, Euro 16,00



   Parigi 1830. Il marito, la moglie, l’amante. Hanno nomi famosi: Victor Hugo, Adèle Hugo, Charles Sainte-Beuve. Il poeta e romanziere così narcisista da vedere una H nelle torri della cattedrale di Notre Dame, la moglie stanca di fare figli (ne hanno già quattro), il poeta e critico letterario che è diventato loro amico  quando ha scritto che Victor Hugo era un genio.
Dal 1830 al 1870: la scrittrice canadese Helen Humphreys segue negli anni questa insolita storia d’amore, regalandoci un libro- ancora una volta- bellissimo. Delicato, gentile, poetico, raffinato. Dando voce, alternativamente, a Sainte-Beuve, ad Adèle e alla figlia più piccola degli Hugo, Adèle come la mamma, Dédé per la famiglia, la cui storia (che occupa la parte finale del romanzo) conosciamo dal film di Truffaut con Isabelle Adjani, “Adèle H.”. Un amore insolito, quello tra Sainte-Beuve e Adèle Hugo, e il titolo originale, “The Reinvention of Love”, ci suggerisce qualcosa, incuriosendoci su che cosa significhi ‘riinventare’ l’amore.

    L’amore deve essere riinventato quando non segue il tracciato usuale. Quando è, ad esempio, tra due persone dello stesso sesso. Oppure quando è solo uno dei due che ama (sarà il caso di Dédé che insegue al di là dell’Atlantico un uomo che solo nelle sue fantasticherie è innamorato di lei). Oppure quando, come nel caso di Sainte-Beuve, un’anomalia fisica gli impedisce di unirsi carnalmente alla donna che ama. Eppure, possiamo dubitare che sia amore, il sentimento, la passione che lega Charles Sainte-Beuve alla moglie dell’amico? Anche se, alla fin fine, non si tratta del solito triangolo, piuttosto un quartetto: Victor, Adèle, Charles e Charlotte (come Charles ama chiamare l’altro sé, quello che si nasconde sotto gli abiti della madre approfittando di quella che lui chiama la sua bruttezza e che forse è solo una imprecisione di lineamenti).
    La delicatezza della narrativa di Helen Humphreys è nel modo gentile in cui sia Sainte-Beuve sia Adèle ci fanno capire come la loro riinvenzione dell’amore possa soddisfarli anche fisicamente, come si completino l’un l’altro- Adèle trovando in lui un uomo che non prevarica, che non si impone su di lei, Sainte-Beuve sentendosi, per la prima volta, apprezzato per come è e non umiliato.
Sainte-Beuve
   Tuttavia, nonostante il romanzo sia sulla loro storia d’amore, a tratti abbiamo l’impressione che il vero protagonista sia Victor Hugo, gigante delle lettere e della vita famigliare, l’uomo intorno a cui deve girare tutto il mondo, che si prende un’amante non appena sa del tradimento della moglie, che obbliga i figli a seguirlo nell’esilio delle isole della Manica senza curarsi della loro infelicità, della loro mancata realizzazione, senza vedere il pericolo dell’ossessione amorosa di Dédé, che sarà lui stesso a far rinchiudere in un manicomio (era veramente necessario?). E la riinvenzione dell’amore potrebbe anche capovolgere quello che in genere si intende per amore: se Adèle non fosse rimasta accanto al marito per timore di ferire i figli, forse i suoi figli avrebbero avuto una vita più felice, di certo più autonoma.
Victor Hugo

     La storia che Helen Humphreys ci racconta è appassionante anche perché vera. La scrittrice aggiunge, di suo, la chiave di lettura di questo amore, l’inquadrare la figura prepotentemente maschile di Victor Hugo in un ruolo ampiamente diffuso e troppo spesso dato per scontato per cui è l’uomo a dettare le leggi, sia dei rapporti intimi sia di quelli che coinvolgono famiglia e amici. E allora la storia di Charles e Adèle, così come quella dell’infelice Dédé, sono storie di ribellioni e di sfide. Che hanno il loro prezzo.

la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net


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