lunedì 21 aprile 2014

Mo Yan, "Cambiamenti" ed. 2012

                                                           Voci da mondi diversi. Cina
                     il libro ritrovato

Mo Yan, “Cambiamenti”
Ed. Nottetempo, trad. Patrizia Liberati, pagg. 104, Euro 12,00
Titolo originale: Bian

   Per prima cosa ci mettemmo in fila per la fotografia in piazza Tian’anmen, poi eccoci di nuovo in coda al mausoleo del presidente Mao per rendere omaggio alla salma. Guardando il presidente disteso nella bara di cristallo, ripensai a quando due anni prima avevamo ricevuto la notizia della sua scomparsa e fu come se le montagne fossero crollate di schianto e la terra si fosse aperta sotto ai nostri piedi. Capii così che a questo mondo non esistono gli dei.



        E’ ormai diventata una leggenda, la risposta dello scrittore cinese Mo Yan alla domanda sul significato del nom de plume che  si è scelto. Vuol dire “Non parlo” e più di una volta Mo Yan ha spiegato come la mamma e la nonna fossero solite rimproverarlo perché parlava di continuo, perché aveva una bocca grande che lasciava uscire un fiume di parole. E il primo dei flash di ricordi contenuti nel libro smilzo edito da Nottetempo, “Cambiamenti”, si riaggancia proprio alla linea della sua bocca: era impossibile che proprio dal bambino che era allora Mo Bocca Larga fosse venuto il soprannome irrispettoso appioppato al maestro Liu, detto il Rospo. Eppure la sua presunta colpa gli era valsa l’espulsione dalla scuola. Quello che poi era successo al maestro Liu- l’aver inghiottito una pallina da ping pong che aveva centrato la sua bocca spalancata- è indubbiamente uno degli episodi più esilaranti di questo libro che riesce ad abbozzare a grandi linee i cambiamenti del paese che si riflettono nella vita dello scrittore stesso.
     Solo in apparenza gli otto capitoli del libro sono racconti a sé perché c’è un filo conduttore: i cambiamenti della Cina sono visti attraverso l’io narrante di Mo Yan e due personaggi ricorrenti, Liu Wenli e He Zhiwu, collegano le varie fasi della sua vita. Liu e He erano entrambi compagni di classe del bambino Mo- Liu era la ragazza carina invidiata da tutti perché suo padre faceva l’autista per l’Azienda agricola statale e guidava un camion Gaz-51 di produzione sovietica; He Zhiwu era il ragazzo che aveva scritto il tema di una sola frase in cui diceva che il suo massimo desiderio era fare il padre di Liu Wenli.
Con il che non voleva suggerire qualcosa di indecente, semplicemente avrebbe voluto guidare il camion “rapido come il vento, veloce come una saetta”, quel Gaz-51 che He Zhiwu, diventato ricco con il commercio di bestiame in Mongolia, avrebbe acquistato (chi lo avrebbe mai detto!) offrendo una cifra strepitosa al padre di Liu, lo stesso Gaz-51 che appare in una scena del film “Sorgo rosso” tratto dal romanzo che rese famoso Mo Yan.
Con l’inizio della Rivoluzione Culturale lo scrittore fece a mala pena a tempo a terminare la scuola elementare, dunque, e l’unico futuro aperto per lui era l’arruolamento. Anche negli anni in cui è militare Mo Yan ha occasione di incontrare Liu e He. Una volta fa apposta una deviazione per rivedere Liu- lei è seccata e brusca con lui, anni dopo ancora (quando l’epoca di Mao è un passato lontano) sarà Liu ad andarlo a trovare per chiedergli una raccomandazione per la figlia che aveva partecipato al concorso per interpreti di opera maoqiang indetto dalla televisione. E nel 2008 Mo Yan rivide pure He Zhiwu che ospitò il vecchio compagno di scuola in una suite di lusso di un prestigioso albergo. He Zhiwu aveva moglie e figli ma, quando Liu Wenli era rimasta vedova, lui le aveva proposto di diventare la sua amante. Sembra quasi che la storia dei personaggi sia una serie di corsi e ricorsi, proprio come la Storia dell’umanità.

    La grande Storia filtra in trasparenza dietro i racconti di Mo Yan. Non ci sono mai riferimenti precisi, siamo noi lettori a dover leggere la Storia dietro alla forzatura che questa impone sulle vite individuali, nell’essere liberi di scegliere solo nell’arco delle scelte possibili. E, se la realtà è questa, tanto vale affrontarla con un sorriso e non drammatizzare. La generazione di Mo Yan non ha spazio per concessioni al sentimento: ci viene detto che il mondo aveva tremato, per lo scrittore e per chissà quanti milioni di cinesi, alla notizia della morte di Mao, ad un certo punto sappiamo che lo scrittore si sposa, che ha una figlia, ma è soltanto nel dettaglio che è stato Mo stesso a voler scegliere il suo nome, Xiaoxiao che significa “piccolo flauto di bambù”, che possiamo indovinare una nota di affetto.


    “Cambiamenti” è un libro autobiografico in sordina. Non è il fiume in piena della narrazione dei romanzi che sono dei veri capolavori, “Sorgo rosso”, “Grande seno, fianchi larghi”, “Il supplizio del legno di sandalo”, piuttosto un rivolo gorgogliante- quasi Mo Yan volesse mantenere un certo qual riserbo parlando di se stesso, come se non meritasse il posto al centro del palcoscenico che ha dato, invece, ai suoi fantastici personaggi. E lo apprezziamo ancora di più per questo.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
Mo Yan

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