martedì 15 aprile 2014

Anita Rau Badami, "Le donne di Panjaur" ed. 2008

                                                            Voci da mondi diversi. Asia
                                                             il libro ritrovato

Anita Rau Badami, “Le donne di Panjaur”
Ed. Marsilio, trad. Fabio Zucchella, pagg. 387, Euro 19,50

    Inizia in un tempo lontano il nuovo romanzo della scrittrice indiana Anita Rau Badami, il cui romanzo precedente, “Il passo dell’eroe”, oltre a svariati premi letterari all’estero, ha vinto il Premio Giuseppe Berto per la narrativa straniera nel 2005. Incomincia, dunque, nel 1928 in un villaggio agricolo del Punjab- se si cerca il Punjab su un atlante geografico, si vede un’area triangolare in una zona di confine tra l’India e il Pakistan, e non ci vuole molta immaginazione o conoscenza storica per pensare che questo è un paese destinato a laceranti contese. E così è stato: con la Spartizione del 1947 la parte occidentale divenne parte del Pakistan e quella orientale dell’India, tra migrazioni, lotte, uccisioni, vendette. Ma nel 1928 tutto questo è ancora lontano e la piccola Sharan sa soltanto che odia fare quello che è il suo compito quotidiano da quando ha quattro anni: raccogliere lo sterco di mucca e spiaccicarlo con le sue manine sul muro esterno della loro misera casa. E allora sogna la saponetta alla lavanda che c’è sempre a casa della sua compagna di giochi- glielo spedisce il padre dal Canada.
carovana durante la Spartizione
    Sono due parole magiche, Canada e lavanda, che evocano un mondo diverso da quello in cui Sharan vive, pieno delle possibilità di realizzazione di quello a cui lei aspira, che è soprattutto andare via dal puzzo che è sinonimo di miseria. Sharan è straordinariamente bella, sua sorella Kanwar non lo è affatto: è una colpa, quella di Sharan, di usare l’unica cosa che ha ricevuto in dono dalla natura e rubare il possibile marito alla sorella? Perché questo è quello che Sharan fa, la molla che fa scattare la trama, e il furto dell’uomo che è venuto in visita dal Canada per chiedere la mano di Kanwar diventa il furto di una vita. E’ come se le due sorelle si scambiassero le sorti, da questo momento in poi: sarebbe stata Kanwar ad andare in Canada e a fare fortuna insieme al marito sikh, mentre Sharan avrebbe attraversato gli orrori della Spartizione, perdendosi in questa. Ma sarebbe stata capace Kanwar di ambientarsi così bene, di gestire il ristorante in cui si radunano gli indiani di Vancouver? E Sharan, che non resta mai incinta, avrebbe avuto tanti figli come sua sorella?
    L’ultimo capitolo di “Le donne di Panjaur” (bellissima la copertina dai colori arancio-rosso con le donne velate che ci incuriosiscono con nascoste promesse) è ambientato nel 1986: la storia delle due sorelle e del loro affascinante e tormentato paese si è srotolata per mezzo secolo; a Vancouver si vive pensando al Punjab, seduti ai tavoli del Delhi Junction, sikh e indù insieme, attendendo notizie, commentando la politica d’Indira Gandhi; a Nuova Delhi la figlia di Kanwar, sopravvissuta ad una notte di orrori e di sangue di cui per sua fortuna ricorda poco, vive la sua piccola vita quotidiana con marito e figli, ammira Indira Gandhi, va ad ascoltarla ai raduni. Finché il caso, o il destino nelle vesti di un personaggio simbolico perché è ‘metà e metà’, per metà indiana e per metà tedesca, fa riincontrare le due metà del mondo e, ancora una volta, Sharan si ritrova a rubare qualcuno- il figlio di sua nipote, questa volta- chiedendo che le venga affidato per farlo studiare in Canada.                             


     Non sveliamo il finale, anche se ne troviamo un indizio nella dedica del libro. Diciamo però che, pur avendo già ammirato il primo romanzo di Anita Rau Badami, “Le donne di Panjaur”, con la sua ricchezza di personaggi e di temi, la profondità e la sottigliezza con cui questi vengono trattati, ci pare un’opera più matura e più bella. E ci viene da pensare che non c’è maniera migliore di apprendere la storia che attraverso un romanzo.

la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net

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