Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
romanzo epico
Ed.
Fazi, pagg. 800, Euro 19,00
Datemi un grande romanzo russo e non mi
accorgerò più di niente, né delle ore che passano, né della pioggia sottile, né
mi ricorderò dei compiti quotidiani da sbrigare in casa.
“I
patrioti”, della giovane scrittrice Sana Krasikov (nata nel 1979 in Ucraina,
cresciuta in Georgia ed emigrata negli Stati Uniti dove si è laureata alla
Cornell University), è il romanzo di ampio respiro, con una storia che copre
tre generazioni, che vi farà dimenticare tutto finché non arriverete all’ultima
pagina.
Anni ‘30 del ‘900 in America. Florence Fein
ha ventitre anni, la vita in America le va stretta, così come quella nella sua
famiglia ebraica. Guarda lontano, Florence, guarda verso la Russia da cui è
venuta una sua nonna. Anzi, all’Unione Sovietica. Le sembra che il futuro sia
là, che il comunismo sia l’avverarsi dei suoi sogni e delle sue utopie. E poi
c’è l’amore. Florence si innamora di uno degli ingegneri russi a cui deve fare
da interprete e, quando lui ritorna in patria, è arrivato il momento per lei di
partire. Per seguire lui e il suo sogno.
Con l’incoscienza della giovinezza, con l’idealismo della giovinezza, Florence parte, sapendo soltanto che lui lavora nella città mineraria di Magnitogorsk, sui monti Urali. Come può pensare di trovare un ago nel pagliaio? E infatti non lo trova, almeno, non lo trova nella città delle fornaci. Come può pensare che l’esperienza d’amore, indimenticabile per lei, sia stata uguale anche per lui? E, infatti, quando finalmente lo incontra, sarà una delusione.
Florence non si lascia abbattere, sarà
cieca alla realtà fino alla fine, quando dovrà seguire il figlio Julian ritornando
in America. È il 2008. Nonostante tutto, nonostante che l’Unione Sovietica non
esista più, nonostante la precarietà della sua vita a Mosca, Florence sarebbe
rimasta. Se parte, è per non abbandonare di nuovo il figlio che non ha mai
superato del tutto il trauma di aver passato sette anni in orfanotrofio, mentre
lei scontava in un gulag la pena per essere stata sorpresa con una rivista
americana e accusata di aver propagandato le idee di un paese borghese e
consumista.
La narrativa si alterna fra un racconto
delle vicende di Florence in terza persona e quello in prima persona del figlio
Julian che è tornato a Mosca nel 2008 per lavoro e con un’altra duplice
intenzione- convincere suo figlio Lenny a lasciare la Russia e consultare le
carte desecretate che riguardano il passato dei suoi genitori. Julian è roso da
un dubbio: è vero che, come ha insinuato un amico d’infanzia, sua madre
Florence ha fatto la spia, denunciando altre persone della loro kommunalka?kommunalka
La vita di Florence, tollerabile all’inizio, poi sempre più limitata dalle ristrettezze e soffocata dalla morsa della paura, è lo specchio raggelante dell’esistenza in un regime totalitarista dove qualunque parola, qualunque sguardo, qualunque comportamento può essere interpretato come un segno di tradimento, dove si ha paura perfino a passare davanti alla Lubjanka, ad alzare gli occhi alle sue finestre. Tutti sanno che chi entra alla Lubjanka non ne esce più. Florence sperimenterà gli interrogatori estenuanti alla fine dei quali o si muore o si confessa qualunque cosa ‘loro’ vogliano sentir dire. Ma Florence ha l’arte di sopravvivere, o meglio ha l’intelligenza per sopravvivere anche se deve scendere a patti con la sua coscienza- qual è il male minore? Se la conclusione sarebbe comunque uguale, tanto vale cercare di salvare almeno se stessa. Ed è così che riesce a tornare a casa dalla Siberia.
Se la storia di Florence e dell’Unione
Sovietica di Stalin è più o meno nota, quella di Julian nella Russia
contemporanea lo è meno e ci toglie qualunque illusione possiamo aver nutrito.
Niente è cambiato e quello che è cambiato lo è solo in apparenza e per pochi.
La corruzione è ovunque, adesso come allora, i metodi per ottenere quello che
si vuole sono sempre gli stessi, la paura serpeggia tuttora. E, come in passato
Julian voleva che la madre ritornasse in un’America che Florence non conosceva
più, ora vuole che suo figlio ritorni, prima che sia troppo tardi.
“I patrioti” è un romanzo travolgente, è un
grande romanzo epico. Forse l’immagine che meglio lo riassume è quella
contenuta nel libro di Mark Twain, “Vita sul Mississipi”, soggetto di una
lezione di Florence all’Università. Il fiume che aveva impressionato lo
scrittore bambino per la sua maestosità, lo delude quando lo rivede da adulto.
Florence non lo riconoscerà mai apertamente- sperava che gli studenti cogliessero
da soli il significato di quella delusione-, ma il disincanto di Twain è il suo
davanti al suo paese d’adozione. Dove sono finiti quei grandiosi ideali? A che
cosa sono serviti i sacrifici, le privazioni, la sofferenza, le morti?
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