Casa Nostra. Qui Italia
Laura Forti, “Una casa in fiamme”
Ed.
Guanda, pagg. 280, Euro 17,00
Non c’è bisogno di scomodare uno psicologo
per interpretare il sogno di una casa in fiamme. In cui siamo dentro noi,
naturalmente. I sogni sono sempre rivelatori dell’inconscio, spesso delle paure
più recondite. I sogni ci dicono quello che noi non abbiamo il coraggio di dire
a noi stessi. Una casa che prende fuoco può significare il corpo in cui
abitiamo che manda segnali di un qualche male che può distruggerci. Oppure il
nucleo stesso famigliare di cui facciamo parte che si sta disgregando.
Il sogno di Manuela (ricorrente, quasi ad incalzare una comprensione) significa entrambe le cose. Manuela, quarantacinque anni, è appena stata operata per tumore al seno. Che parola spaventosa- cancro. Che futuro nefasto prospetta. In più la terapia farmacologica a cui ci si deve sottoporre non è certo di aiuto per il morale. E Manuela si chiude in se stessa, si ritira dalla vita in famiglia, piange. Finché arriva un forte segnale di quanto il suo comportamento coinvolga le persone intorno a lei.
È questo l’inizio, dunque, con una vera
malattia, di un romanzo che disseziona una famiglia i cui membri sono tutti, in
qualche maniera, ammalati. E la vita proseguirebbe nello scorrere dei giorni
nascondendo i sintomi, se non fosse che un gattino che il marito Sergio aveva
regalato a Manuela precipita dal balcone. Può succedere. Ma è stato veramente
un caso? Oppure è stato ‘aiutato’ a cadere da Lea (adolescente molto brillante)
o da Elias (otto anni, dislessico e discalculico, un bambino che deve essere
aiutato)? E comunque è la morte del gattino che tira fuori Manuela dall’abulia
e dall’autocompassione facendole aprire gli occhi sui problemi suoi e di coppia
e dei figli.
Dire ‘famiglia’ vuol dire ‘problemi’: in primo piano c’è il problema dell’identità, in questo caso di identità religiosa. Sia Manuela sia Sergio appartengono a famiglie di ebrei italiani con un passato difficile e doloroso, Sergio ha seguito un percorso di conversione (sua madre è cattolica), è osservante ed in continuo dissidio con il padre, Manuela si definisce ‘un’ebrea culturale’. E i due figli? si accorgono, i genitori, che anche Lea è alla ricerca della sua identità?
Ci sono, poi, mille preoccupazioni,
l’apparente predilezione del padre per Lea, la fragilità di Elias, quel ricordo
costante di un bambino mai nato e- sempre- lo spauracchio del cancro che pare
giustificare la stasi della vita di Manuela. Finché scopre che il marito la
tradisce- oh, no, Sergio non la tradirebbe mai con un’altra donna in carne e ossa,
ma ecco perché scompariva così spesso nel seminterrato.
La casa è in fiamme, non è più un rifugio sicuro, la cena di Pesach non è un ritrovo di pace (anzi!), i ricordi del passato si alternano con le vicende del presente, si leggono in maniera diversa alla luce di quanto sta accadendo.
Quando
c’è un incendio possono succedere due cose: o non si riesce ad intervenire e
tutto si riduce in cenere, o si spegne l’incendio. Il primo segnale positivo è
dato dai nuovi referti per Manuela- chiunque può sbagliare, anche noi facciamo
errori, basta essere capaci di riconoscerli e correggerci.
“Una casa in fiamme” è un romanzo sulla
famiglia, sulla quotidianità della vita di famiglia, sui problemi che si devono
affrontare nei rapporti con genitori anziani, coniugi, figli, amici, sulla
difficoltà di mettere tutto nella giusta prospettiva senza dimenticarsi che un
pizzico di umorismo è di grande aiuto.
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