giovedì 16 aprile 2020

Marie Vieux-Chauvet, “Amore Rabbia Follia” ed. 2007


                                                                      Voci da mondi diversi. Haiti


Marie Vieux-Chauvet, “Amore Rabbia Follia”
Ed. Bompiani, trad. Marina Rotondo, pagg. 389

     Qualcosa sulla storia di questo romanzo, sulla sua scrittrice e sul paese in cui è stato scritto, per iniziare. L’edizione italiana è del 2007 e rimpiango non aver letto appena pubblicato questo libro che viene definito il capolavoro della letteratura haitiana. Di certo “Amore, rabbia, follia” è una fortissima denuncia della dittatura dei Duvalier- padre e figlio- dal 1957 al 1986. Ed è anche un libro coraggioso per cui la scrittrice Marie Vieux-Chauvet ha pagato caro. Fuggita in esilio (morì a New York nel 1973), per evitare rappresaglie contro la famiglia rimasta ad Haiti il marito fece incetta di tutte le copie in circolazione, mentre la scrittrice chiedeva a Gallimard (suo editore in Francia) di bloccare la vendita dell’opera. Eppure ci sono romanzi la cui voce non può venire soffocata. Come i romanzi dei dissidenti russi, anche “Amore Rabbia Follia” continuò a circolare in una sorta di samizdat haitiana.
papa Doc
       Non c’è un’unica trama, ma tre lunghi racconti ambientati nel 1939- epoca di passaggio tra l’occupazione americana e la dittatura di Papa Doc di cui già incombe l’ombra pesante in personaggi arroganti e violenti, come il comandante Calédu in “Amore”. Un titolo tanto ironico (nel vero senso della parola) per il primo racconto quanto è ironico e mal appropriato il nome del personaggio narrante, Claire. Claire è la prima di tre sorelle di una famiglia della vecchia aristocrazia in declino ed è anche l’unica delle tre che, per uno scherzo della genetica, ha la pelle nera. Claire è un concentrato di amore frustrato, di rabbia soppressa, di follia tenuta a freno. Lei, per cui rispolveriamo il desueto termine di ‘zitella’, si sente messa da parte, invisibile agli occhi del cognato francese che ha scelto la bionda e scialba Felicie, considerata poco più di una domestica sia da Félicie sia dalla sorella minore, bella e appariscente, che prima tenta di sedurre il cognato e poi finisce per sposare un nero che in altri tempi non sarebbe mai stato ammesso nella loro famiglia. Anche Claire è innamorata del cognato che neppure si accorge di lei. Si ispessice l’atmosfera di violenza, sia tra le mura della casa, sia fuori. Violenza sessuale (l’ignobile Calédu stupra una signorina di mezza età mutilandola al punto di renderle difficile camminare) e violenza politica tra la banda di straccioni che militano tra le fila di Calédu. Diventa palpabile l’attrito tra le classi sociali, tra le persone suddivise in base alle sfumature del colore della pelle, tra chi pratica gli antichi riti del voodoo e chi invece la religione cristiana.
'baby' Doc Duvalier
      È un ribollire di sentimenti, è una minaccia che grava nell’aria haitiana che ritroviamo più accentuati ancora nel secondo racconto, “Rabbia”, in cui ogni personaggio sembra avere un ruolo simbolico in un’altra famiglia ‘bene’ di Haiti che si vede espropriata dalla sua terra, senza un motivo. Un padre debole che ‘vende’ sua figlia al comandante nero e tiranno (lo chiamano ‘il gorilla’, e non c’è altro da aggiungere), un figlio inetto aspirante ad una laurea, un bambino che nella sua menomazione tira fuori le tare dell’ascendenza materna, un nonno che rappresenta il passato di una dignità che nel presente è impossibile. E infatti muore.
      C’è un ulteriore degrado nell’ultima parte, “Follia”, con un gruppo di giovani poeti che passano il tempo bevendo, come se ormai ogni speranza fosse persa, come se volessero lasciare fuori tutta la violenza che bussa alle porte e che finirà per sfondarle.
     Una voce potente, quella di Marie Vieux-Chauvet. Da ascoltare.

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