Atmosfera
di festa, la sera del 28 novembre 2001 allo Spazio Krizia di Milano. Cento rose
bianche per festeggiare il titolo numero 100 dell’Iperborea, la casa editrice
fondata 13 anni fa da Emilia Lodigiani e specializzata nella pubblicazione
della narrativa del Nord Europa. E non si poteva fare una scelta migliore per
questo libro che segna un compleanno: “Il Medico di Corte”,dello scrittore
svedese Per Enquist, è uno straordinario romanzo storico e politico ed è anche
una bellissima storia d’amore. L’equilibrio tra la documentazione dei fatti e
le passioni dei protagonisti, tra storia e immaginazione e poesia, è
assolutamente perfetto, in un libro che è palpitante in ogni sua pagina. La
vicenda dura quattro anni, tra il 1668 e il 1772, mentre l’Europa è percorsa da
fremiti di novità che anticipano la Rivoluzione Francese. In Danimarca regna
Cristiano VII, giovane e pazzo. Gli viene messo accanto un medico tedesco,
Struensee, e Cristiano lo nomina presto Consigliere del Re, conferendo subito
dopo lo stesso incarico al suo cane. Struensee è un intellettuale illuminista e
pensa che forse il suo compito è quello di portare i Lumi in questo paese del
Nord che non conosce la democrazia. Dà inizio ad una serie di riforme, troppo
in fretta, troppo numerose. Aumentano le opposizioni a corte e i suoi nemici
riescono ad intrappolarlo colpendolo nel punto più debole: il suo amore per la
regina Caroline Mathilde, “la piccola sgualdrina inglese”. L’accusa è di oltraggio
al re, la pena è la morte, l’esilio per Caroline e l’abrogazione di tutte le
riforme. E’ finito il tempo di Struensee, ma ha segnato un’epoca, quella di “un
sogno sulle possibilità dell’uomo”.
Per
Olov Enquist è venuto apposta dalla Svezia per partecipare a questa serata. Ha
l’aria di un ragazzo con i capelli bianchi, questo signore in giacca e
cravatta, jeans e scarpe da ginnastica. Ha voglia di scherzare, parla in
inglese, con un humour sottile che gli viene naturale come la lingua. Risponde
in tono giocoso alle domande che gli vengono poste dallo scrittore Mario
Baudino e dalla sua traduttrice, Carmen Cima, e si scusa dicendo, “so di non
aver risposto con precisione a quello che mi avete chiesto”.
Amore e potere: un intellettuale diviso tra questi due aspetti dell’esistenza. Qual è la cosa più importante per lui?
Il sesso nella politica è un argomento centrale nel
libro,anche se non so perché lo sia diventato. Sono un drammaturgo e mi
affascinava il carattere di teatro da camera di questa storia che ha solo
quattro personaggi. Un dramma sull’amore e l’odio e poi ancora l’amore. Se
avessi scritto per il teatro, sarebbe stato un’ opera di due ore sul tema
dell’amore. Ma è un romanzo, un romanzo sull’amore circondato dalla società e
dai meccanismi della politica. E ci sono quattro personaggi con un rapporto
complesso tra di loro. Il re ama Struensee e non ama la regina. Struensee è un
uomo buono, ma è un cattivo uomo politico.
Il problema di Struensee è che, quando ottiene il
potere, si comporta come se non esistesse tutto il campo di forze politiche che
comprende, al di là del re, i proprietari terrieri, l’esercito, la nobiltà e la
corte. Procede con le riforme, senza neppure mettere a morte i suoi nemici. In
conclusione, anche se sono uno dei pochi scrittori politicizzati in
Scandinavia, non penso che gli intellettuali siano buoni uomini politici.
Spesso gli intellettuali fanno pasticci in politica e Struensee fallisce
perché, prima di attuare le sue fantastiche riforme, doveva analizzare a fondo
il campo politico, che è molto complesso.
Questa storia è vera, è il risultato di un’inchiesta sul
passato. Quale è la parte di fiction, che cosa sfuggiva ai documenti e ha
dovuto inventare?
A questo libro si adatta la bella
definizione di romanzo non-fiction, romanzo di non invenzione. Ogni fatto è
basato su una ricerca. Le date e gli avvenimenti corrispondono a quelli sui
documenti. Naturalmente quando Struensee e la regina fanno l’amore, questo non
si trova nei documenti. Ci sono le testimonianze al processo, ma a questo punto
ero io, in quanto scrittore, che dovevo intervenire per riempire gli spazi
vuoti e creare un’interpretazione del rapporto tra di loro.
dal film "Royal Affair" |
Non faccio mai uso di simboli e li odio.
Se ne rimangono in un romanzo, è perché mi sono dimenticato di toglierli. Mi
sforzo di scrivere una prosa che sia pulita e non bella. Penso che la bellezza
nel testo venga fuori quando si eliminano i bei simboli.
Quando ero
molto giovane, avevamo pochi libri, soprattutto libri religiosi. A 13 anni ho
incominciato a leggere tutto quello che potevo, anche dieci libri alla
settimana. Potrei citare una ventina di scrittori svedesi, ma sarebbe troppo
noioso.
E’ chiaro che lei predilige il romanzo storico e mi
sembra che scelga sempre dei personaggi controversi. Come li sceglie?
A dire il vero, ho scritto solo due romanzi storici,
però ho scritto molti libri che si basano su fatti, avvenimenti politici, e
forse per questo si possono considerare come romanzi storici. A volte mi capita
di scegliere una storia su cui scrivere un romanzo, poi mi accorgo che non va
bene e, per fortuna, sono capace di distruggere un cattivo manoscritto. In
questo caso è stato l’argomento che ha scelto me – ed è andata bene.
Per Olov Enquist, “Il
Medico di Corte”
Ed. Iperborea, pagg.
405, L.32.000
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