sabato 12 ottobre 2019

Sandra Newman, "I cieli" - Intervista 2019


                                  Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America

                                          


Incontro Sandra Newman in un giorno di pioggia sottile a Milano, con la nebbia che avvolge i grattacieli di City Life: l’atmosfera giusta per parlare di un romanzo in cui i confini della realtà sfumano in un'altra realtà, quella del sogno.

Incominciamo dall’inizio che è l’utopia nel nostro mondo. Tutto va per il meglio nel migliore dei mondi possibile. Kate e Ben sono innamorati, non ci sono guerre, c’è una donna presidente. Prendiamo i dettagli: perché scegliere l’anno 2000? Perché era una bella data per un inizio? Perché una donna Presidente? E perché di origine asiatica? E perché dare famiglie di origine mista a Kate e Ben?


Sì. L’anno 2000 perché è una data molto facile da ricordare. Era semplice, un punto fermo a cui risalire. E poi volevo che l’11 settembre del 2001 fosse un punto di svolta, un avvenimento di cui tutti sanno e quindi possono capire che siamo nel nostro mondo, che è di questo che stiamo parlando.

L’aver scelto un Presidente donna è stata una scelta simbolica- è qualcosa che può succedere. Anche eleggere un presidente nero sembrava impossibile e poi è stato eletto Obama. Era una maniera facile per dire che non era il vero presidente, un indizio immediato che non siamo nel mondo reale. E anche dire che era asiatica era con lo stesso intento.
Quanto a Ben, il suo personaggio è basato su una persona vera. E scrivere dell’America significa scrivere di una nazione di immigranti- gli americani sono sempre confusi riguardo alle loro origini. È impossibile scrivere un romanzo americano che non sia in parte un romanzo sulla razza.

Il mondo di sogno di Kate. Mi sono chiesta se ha scelto l’età elisabettiana perché le citazioni più famose sui sogni sono quelle di Shakespeare e anche “La vita è sogno” di Calderòn de la Barca è della stessa epoca?
     Tutto è iniziato con l’idea di una donna che viaggiava nel tempo e aveva una relazione con Shakespeare. Era come se avessi un progetto su di un libro e poi sono intervenute una serie di coincidenze- il libro è diventato più sognante e simile ad un sogno e quindi era giusto che l’epoca del sogno fosse l’era elisabettiana. Non avrebbe potuto essere il secolo XVIII, un’ epoca che proprio non si affidava all’immaginazione.

Emilia Bassano: c’è qualcosa in lei che la collega a Kate 4 secoli dopo? Che cosa la attraeva di Emilia?
     Non so perché Kate diventi Emilia. Kate non ha affatto senso pratico, Emilia è un animale politico. Alla fine, però, Kate ha imparato qualcosa dall’essere Emilia ed è diventata una persona diversa. A che cosa è dovuta la scelta di Emilia? Un colpo di fortuna. Emilia Bassano è la candidata più probabile per essere la Dark Lady amata da Shakespeare, è un personaggio storico interessante, irresistibile per un romanziere. E sì, è vero, nel romanzo è un personaggio più reale di Kate che la immagina.

Il nostro mondo, che è iniziato così bene, diventa sempre peggio. Peggiora di pari passo con la condizione psicologica di Kate. C’è un nesso tra le due cose?
     Sì, ho un’amica psicanalista freudiana che ha letto il libro e, nella sua interpretazione, “I cieli” è un libro sul narcisismo. Ha visto gli avvenimenti storici nel libro come la proiezione del sentimento di un bambino che si sente responsabile per quello che accade- per esempio un bambino pensa che, se i genitori divorziano, sia colpa sua, perché è stato cattivo. Kate pensa di essere lei che non è abbastanza brava, pensa che avrebbe dovuto fare qualcosa per evitare che le cose succedessero.

È così senza speranza il mondo? Kate è la farfalla nel romanzo, se le sue azioni come Emilia nel passato possono riverberarsi nel presente. Allora anche ognuno di noi è una farfalla? Ognuno di noi è responsabile di quanto accade, dovremmo prenderne atto. C’è qualcosa che si può fare?
    Non c’è speranza per il mondo, ma è buffo che dobbiamo comportarci come se non fosse così. Dobbiamo comportarci come se avessimo il libero arbitrio e potessimo influire sul mondo.  Alla fine Kate rinuncia al tentativo di salvare il mondo: è meglio cercare di fare felici gli altri.


Sono queste infatti le parole con cui si chiude il libro. Ma non è una felicità egoistica?
    Sono pochi i romanzi che offrono una soluzione, che ti dicono che cosa dovresti pensare o credere. I romanzi offrono un problema- vediamo che cosa possiamo fare per risolverlo.

Pensando a quello che abbiamo detto, alla responsabilità di ognuno, quanto è responsabile Ben per il crollo di Kate?
     Ben si sente responsabile. È in una posizione difficile- sente che, se avesse potuto essere perfetto, avrebbe potuto salvarla. Però anche lui è segnato: è cresciuto con una madre che si è uccisa e anche lui pensa che le persone che ama finiscono per scomparire e che è colpa sua.

Dovremmo dire qualcosa sui bambini del libro. Ho provato compassione per i bambini- bambini non nati, bambini senza genitori, bambini non amati, bambini che muoiono. Sono tutti infelici i bambini del romanzo?
    Penso che, in effetti, sia così. Il bambino principale del romanzo è Qued, il bambino di cui si occupano tutti. E poi c’è il bambino di Kate che muore- è un simbolo del nostro mondo.

Soltanto Kate sembra aver avuto un’infanzia felice. Però ha cercato un rifugio nel mondo inventato dei sogni. Come mai?
  Forse se avessimo solo bambini felici potremmo viaggiare nel tempo.

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Recensione e intervista saranno pubblicate su www.stradanove.it





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