vento del Nord
la Storia nel romanzo
Bergsveinn Birgisson, “Il vichingo nero”
Ed. Iperborea, trad. Silvia Cosimini,
pagg. 440, Euro 20,00
Ha qualcosa di epico, ricostruire la storia di un proprio antenato che
ci ha preceduto di trenta generazioni. E forse questo numero ancora non dice
nulla, ma se precisiamo che l’uomo di cui si parla ha vissuto nel IX secolo
dopo Cristo, cioè circa 1100 anni fa, non possiamo che trattenere il respiro
per lo stupore, pronti ad ascoltare di uomini che, per quanto abbiano un
margine di invenzione speculativa, sono veramente esistiti, di avventure che
sono veramente accadute.
Non è un compito facile
accompagnare dalla nascita alla morte un vichingo vissuto trenta generazioni
fa. Geirmund è un’ombra, una voce nel buio tra la preistoria e la storia, un
buio in cui si celano molte domande alle quali nessuno ha mai dato risposta.
Dobbiamo ripescarlo da questo Ginnungagap.
Quanto fascino in questa parola,
Ginnungagap. È il suono stesso, quando cerchiamo di pronunciarla, che evoca il
suo significato nella mitologia norrena- varco spalancato, l’abisso cosmico
prima della creazione. Tutto ha inizio in un tempo molto lontano, nell’846 dopo
Cristo, in quell’angolo a sud-ovest della Norvegia che si chiama Rogaland, in
una dimora reale dove una donna partorisce due gemelli. Come Romolo e Remo.
Questi due, però, non vengono abbandonati ma suscitano ugualmente stupore alla
loro nascita e la loro madre, vedendo la delusione del consorte reale, non
volle più vederli per anni. Perché i gemelli non hanno nulla del padre, hanno
la pelle scura, un volto piatto e rotondo, gli occhi dal taglio a mandorla.
Come la madre. Ecco quindi il soprannome con cui Geirmund entra in quella sorta
di Storia che è il Libro dell’Insediamento: Geirmund Heljarskinn, cioè Geirmund
Pelle Scura.
Non c’è nessuna saga dedicata a Geirmund, perché Geirmund si allontanerà
dalla Norvegia con quelle poderose navi vichinghe che venivano chiamate
‘cavalli del mare’, una testa di drago sulla prua che fendeva le onde. E la
ricerca dello scrittore avanza adagio, cercando le minuscole tessere del puzzle
che devono comporre il quadro- non esiste una macchina del tempo che ci porti
in un millesimo di secondo indietro di più di mille anni, si deve avanzare a
ritroso con lentezza nella nebbia, allacciando un episodio all’altro, per
analogia, supplendo con l’immaginazione dove nessun tipo di documentazione o di
reperto archeologico possa aiutare. È una storia avventurosa in cui succedono
molte cose nel giro di pochi anni- un uomo diventava adulto molto prima di
adesso, la vita si bruciava in fretta. Dalla Norvegia verso il Bjarmaland (da
cui proveniva la madre di Geirmund, bottino di guerra di re Hjor) nell’estremo
Nord, dapprima. Nel durissimo clima del Bjarmaland Geirmund deve aver imparato
cose- come la caccia ai trichechi- che gli torneranno utili più tardi. Poi verso
l’Irlanda e infine verso l’Islanda.
È in Islanda che Geirmund diventa grande
arricchendosi con la caccia al tricheco, un animale dal valore inestimabile-
tutto del tricheco ha il suo utilizzo. Gli uomini e le donne catturati nelle
scorrerie in Scozia o portati dall’Irlanda servono da schiavi per svolgere i
lavori duri. Si intrecciano alleanze grazie ai matrimoni, si combattono i
nemici, si commercia, si vive, si muore. La storia di Geirmund e del fratello Hamund
(destinato dal padre a restare nel Rogaland- decisione intelligente, non
possono essere in due a regnare), così come la ricostruisce Birgisson, non è
soltanto la loro ma di tutta una società- come vivevano i vichinghi, come
costruivano le loro case, di che cosa si nutrivano e come si vestivano per
difendersi dal freddo, che cosa dettava la loro scelta delle mogli,
dell’insediamento o delle rotte marine da seguire.
C’è storia, c’è archeologia, c’è leggenda e c’è poesia nel romanzo di
Bergsveinn Birgisson. Nessuno di noi è immune al fascino dei vichinghi- forse
perché si sono imposti nel nostro immaginario fin da bambini come guerrieri
audaci, alla scoperta dell’ignoto sulle navi dalle grandi vele- e siamo
irretiti dalle avventure di questi eroi il cui nome è sempre accompagnato da un soprannome che ce li rende ‘visibili’:
non solo Geirmund Pelle Scura, ma Ulf lo Strabico, Harald Bellachioma, Ragnar
Braghe di Cuoio, Olaf il Bianco, Ivar Senz’Ossa e ancora, e ancora.
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