giovedì 31 ottobre 2019

Margaret Storm Jameson, “Company parade” ed. 2019


                                     Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
           saga


Margaret Storm Jameson, “Company parade”
Ed. Fazi, trad. V. Februari, pagg. 340, Euro 18,00

     Margaret Storm Jameson ha avuto una vita lunga- è nata nel 1891 a Whitby, nel nord dell’Inghilterra, ed è morta nel 1986- ed è stata una scrittrice prolifica. La casa editrice Fazi ha appena tirato fuori dall’oblio un suo romanzo, “Company parade”, il primo di una trilogia, un piccolo classico di letteratura femminile che, rispecchiando il carattere della scrittrice, va al di là delle usuali storie di innamoramenti e matrimoni. Molto al di là. Perché Margaret Storm Jameson fu una donna straordinaria per i suoi tempi: prima donna a laurearsi in inglese all’Università di Leeds, a ricevere una borsa di studio post-laurea sempre all’università di Leeds e a diventare presidente della British Section of International PEN. Un’antesignana del femminismo, insomma.
     La protagonista di “Company parade” assomiglia alla scrittrice. Una giovane Hervey Russell arriva a Londra nel dicembre del 1918. La guerra è finita, l’armistizio è stato firmato, la città è piena di reduci, molti di loro riportano il segno delle ferite, ogni famiglia piange i suoi morti (900.000 le vittime inglesi della Grande Guerra), anche il fratello diciannovenne di Hervey è morto. Hervey è sposata, il marito svolge un lavoro impiegatizio per l’Air Force, hanno un bambino di tre anni che Hervey ha dovuto affidare ad una signora nello Yorkshire per venire a Londra a cercare un lavoro. È ambiziosa, Hervey. Ha già scritto un romanzo e ne sta scrivendo un altro. Si accontenta di un’occupazione in un’agenzia pubblicitaria anche se si sente inadeguata, del tutto priva delle idee brillanti che sono necessarie per vendere un prodotto. È anche ingenua e però integra, coerente con le sue idee. E cerca di essere onesta, con se stessa e con gli altri.

    Se il filo conduttore del romanzo è la storia di Hervey, con un marito inaffidabile che lei non rispetta e che non ama più, spinta dal desiderio di realizzare il sogno, che è un’intima necessità, di diventare scrittrice e tuttavia tormentata dai sensi di colpa per aver dovuto lasciare il suo bambino in mano ad altri, “Company parade” è tuttavia un romanzo corale, come dice il titolo. I singoli capitoli hanno nel titolo il personaggio della parata su cui punta lo sguardo della scrittrice- i due amici ‘storici’ di Hervey (uno è innamorato di lei senza speranza, l’altro ha sposato una scrittrice più anziana che lo tradisce), il marito di Hervey (la tradisce, non è capace di tenersi un lavoro, lo disprezziamo anche noi), il giornalista suo collega che ha riportato gravi ferite in guerra, la coppia di amici socialisti (ma il socialismo e il comunismo non attecchiranno mai nella borghese Inghilterra), un altro giornalista opportunista, e poi ‘gli squali’, quelli che si sono arricchiti durante la guerra e che si dispiacciono che sia finita. E allora, nelle discussioni tra gli amici, sorge il problema- si può accettare un lavoro da qualcuno che si disprezza e i cui fini sono contrari ai propri principi etici?

     È bello aggirarsi con Margaret Storm Jameson/Hervey per questa Londra ferita dell’immediato dopoguerra. A cento anni di distanza (ma è passato così tanto tempo? Hervey potrebbe essere una di noi e i suoi amici pure), nel nostro mondo del benessere e del consumismo e dello spreco fa una certa qual impressione- ed è salutare, fa riflettere- leggere dell’acquisto di un vestito per sostituire quello che si indossa da otto anni e sentirsi in colpa per non aver dato l’intera somma guadagnata all’organizzazione Save the Children, o di pasti ridotti al minimo, o di misere camere d’affitto in cui alloggia la nostra Hervey che, dopotutto, ha studiato e lavora in un ambiente intellettuale. Ed è anche rinfrescante sentire lei e i suoi amici parlare di ideali e vederli impegnati in prima persona per diffonderli.
     La narrativa non scorre veloce, non è mai eccitante, ma ha una sua pacata piacevolezza tutta britannica. Un bel romanzo fortunatamente ritrovato.

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