sabato 17 dicembre 2016

Francisco José Viegas, “Il mare di Casablanca” ed. 2010

                                                Voci da mondi diversi. Penisola balcanica
         cento sfumature di giallo
          il libro ritrovato

Francisco José Viegas, “Il mare di Casablanca”
Ed. laNuovafrontiera, trad. Serena Magi, pagg. 237, Euro 17,00

Titolo originale: O mar em Casablanca

    “Stavo pensando, Isaltino. Stavo pensando se non sia meglio passare tutto a quelli degli esteri, ai servizi segreti, a qualcuno laggiù, a Lisbona. Suggerirlo alla direzione. Dire che il caso va oltre le nostre competenze, per esempio, che c’è di mezzo l’Angola, e bei soldi, e soprattutto i diamanti, probabilmente, che sarebbe meglio che ci dessero un’occhiata loro. Tu sai che succede poi.”
  “Dove danno un’occhiata, sparisce tutto. E’ un pozzo senza fondo.”


     C’è un ispettore e ci sono due morti assassinati ne “Il mare di Casablanca”. Tecnicamente quello di Francisco José Viegas è un romanzo di indagine poliziesca, allora. E invece mi riesce difficile limitarlo entro quella definizione. Perché è un romanzo “pieno”, ricco di storia, di quella del Portogallo che si intreccia con quella dei personaggi. C’è amore, c’è mal d’Africa, c’è la passione rivoluzionaria della gioventù, c’è un’atmosfera grigia di pioggia, c’è il ricordo costante del passato, c’è voglia di qualcosa che non si riesce ad afferrare, come il mare di Casablanca, che c’è ma non si vede.
     La scena iniziale si svolge in un albergo che è il simbolo perfetto di tutte le vicende del libro: si trova nella zona montagnosa di Tràs-os- Montes ed è un bellissimo albergo di ottime frequentazioni che chiude, dopo quasi un secolo. Ha il fascino rétro dei vecchi alberghi, quando viaggiare e villeggiare era elitario. Durante la festa per celebrarne la chiusura viene assassinato un giornalista portoghese antipatico a molti. Il giornalista è anche un trafficante, collegato a un giro di soldi in Angola. Poco dopo è il turno di un angolano ad essere trovato morto: stava cercando di comperare una proprietà vinicola, con il giornalista che fungeva da intermediario. Una giovane donna molto bella, Mariana Serra, era stata vista in compagnia dell’angolano: è lei l’assassina? Non ha lasciato tracce.

    Anche Jaime Ramos, il commissario che già conosciamo dai precedenti romanzi di Viegas, è originario della zona di Tràs-os-Montes. Mentre si reca sul posto in macchina con il suo vice, Isaltino, dice di non averne nostalgia, ma “quando attraverso le montagne e vedo il primo castagno, è come se entrassi a casa”. E’ questo il primo passo indietro nel suo passato, per Jaime Ramos. Ad un certo punto avrà la fortissima sensazione che il passato torni a punirlo. Perché si scopre che Isabel Castro, la madre di Mariana Serra, era partita per l’Angola nel 1975: era una pasionaria che aveva qualcosa in comune con la prima moglie di Jaime. O forse era l’aria di quegli anni che contagiava tutti con la rivoluzione. Isabel Castro voleva fare la rivoluzione in Angola, non voleva restarsene in un Portogallo che oramai era diventato troppo tranquillo, voleva far parte della Storia. Si era sposata in Angola, il marito era stato fucilato a Luanda nel 1977, lei, Isabel era scomparsa nello stesso anno. Era rimasta la bambina, Mariana, allevata da dei vicini. E poi spunta, nella lista dei passeggeri di un paio di voli con diverse destinazioni, il nome di Adelino Fontoura, accanto a quello di Mariana. Jaime Ramos ha un soprassalto- Adelino è un fantasma del passato, Adelino era stato il suo contatto comunista in Guinea, Adelino era morto, la sua auto era saltata su una mina. Ma come, era vivo Adelino?

     E così Jaime Ramos, che dice, ‘mi interessano gli scomparsi che non lasciano traccia’, che si giudica come ‘quell’anonimo che viveva in una via senza storia’, si trova ad indagare su uno scomparso che è entrato pure nella sua vita, in un caso che potrebbe anche essere liquidato- e sarebbe una soluzione così facile- come un delitto economico, ed invece affonda lontano nel tempo e nello spazio e ha a che fare con l’amore, la politica, il rapporto irrisolto tra madrepatria e colonie, la vendetta. Forse il ‘biografo incompreso’ che è Jaime Ramos si immedesima fin troppo, capisce fin troppo bene: ogni lettore darà il suo giudizio sul finale.
Un libro molto bello con un’unica pecca formale: uno stacco troppo netto con una delle storie dei personaggi. A voi scoprire quale.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it


      

    

Nessun commento:

Posta un commento