martedì 27 dicembre 2016

Ada Murolo, “Il mare di Palizzi” ed. 2013

                                                                        Casa Nostra. Qui Italia
              autobiografia
              il libro dimenticato


Ada Murolo, “Il mare di Palizzi”
Ed. Frassinelli, pagg. 298, Euro 17,50   2012

    “Che cosa siamo noi, se non una memoria?”, chiede Adela in una lettera al fratello Daddo ne “Il mare di Palizzi”, primo romanzo di Ada Murolo. E’ una domanda che ci facciamo tutti, avanzando nella vita, quando raggiungiamo il momento che il percorso già fatto è di molto più lungo di quello che ci attende, quando non saremmo niente, non saremmo noi stessi, senza la memoria di quello che siamo stati e che abbiamo fatto.
    E’ il 1991. Adela, che perfino nel nome assomiglia alla scrittrice, ritorna in Calabria, a Palizzi sul mar Jonio, dove c’era la casa del nonno, dove lei e il fratello e le sorelle sono cresciuti negli anni ‘50 del secolo scorso. Da anni abita al nord, a Trieste, e ritorna per vedere sua madre e il fratello che pure lavora al nord ma che non vede da anni. Ritorna con sua figlia Nina e i ricordi che si affollano nella sua mente vorrebbero essere condivisi con lei e con il fratello Daddo che, però, è sfuggente e sembra erigere una barriera tra sé e la sorella. E questo addolora Adela, che non capisce, perché da bambini erano inseparabili.

    Corre sul filo della nostalgia, il racconto di Adela che ripercorre il passato nella grande casa del nonno materno, un padre possessivo che aveva imposto all’aspirante marito della figlia Lili di abitare nella sua stessa casa, di rinunciare alle sue ambizioni di una carriera come avvocato e lavorare per lui, come sottoposto, nella sua impresa. Il padre di Adela era così innamorato che aveva acconsentito, tollerando e soffrendo accanto al vecchio prepotente. Il quale, peraltro, una volta si era lasciato sorprendere abbracciato ad una servetta che era stata subito licenziata. C’è una storia di famiglia del Sud ne “Il mare di Palizzi”, con zii e zie, nonni materni e paterni, fratelli, sorelle e cugini. Una famiglia privilegiata che ha domestici e terrazze piene di sole, e giardino e terre, dove le donne si fanno fare gli abiti dalla sarta- anche la piccola Adela che viene guardata dalle altre bambine con un misto di ammirazione e invidia, un poco isolata perché ‘diversa’ anche se lei non vorrebbe esserlo. Una famiglia che ha le sue tradizioni che sono diventate abitudini che hanno sapore di leggenda, i riti domenicali, le vacanze in campagna. Ed è anche un pezzo di storia sociale d’Italia in quegli anni. Adela ricorda il tipo di gelato che era una leccornia a quei tempi- quello chiuso tra due biscotti- il giornalino “Il monello”, e poi, quando arrivavano in visita gli zii d’America, quali tesori uscivano dai loro bauli! Altro che le banali colazioni di latte e frisce! Arrivavano loro con i corn-flakes, che bontà! E poi scarpe e abiti e calze- tutte cose mai viste a Palizzi.

E poi, nell’arco della settimana che Adela passa a Palizzi con la figlia, l’onda dei ricordi si frange sempre con l’impossibilità di comunicare con il fratello, di condividere con lui quelli che sono i ricordi più dolorosi- la morte del padre, la perdita, una dopo l’altra, delle case della loro infanzia. Adela aveva amato molto suo padre. Lui era il calore e l’affetto e la sicurezza, mentre la madre era scostante, prediligeva di certo suo fratello. Adela indugia soprattutto sul passato più lontano, sorvola le nozze quando lei era giovanissima e non si era neppure accorta che il padre forse stava già male, non dice assolutamente nulla di quello che deve essere stato un matrimonio infelice. E’ come se non le interessasse quella parte della sua vita, come se fosse stata un inciampo che non le aveva impedito di andare avanti. Forte della memoria di quello che aveva alle spalle. Forte del ricordo del mare di Palizzi.
    Un libro poetico, un poco sognante, un poco dolente, con una Calabria inedita e sorprendente.



    

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