venerdì 3 giugno 2016

Hugo Hamilton, “L’ultimo sparo” ed. 2006

                              Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
          seconda guerra mondiale
          il libro ritrovato

Hugo Hamilton, “L’ultimo sparo”
Ed. Fazi, trad. Isabella Zani, pagg. 186, Euro 15,00

   Qual è l’ultimo minuto che segna la fine di una guerra? Si può fissare nel tempo quella frazione infinitesimale che si riempie del rimbombo di uno sparo, l’ultimo che lascia poi lo spazio alla quiete, al canto degli uccelli e allo stormire delle fronde? Si può localizzare il luogo dell’ultimo atto di violenza così come tutti i libri di storia possono citare quello che ha dato inizio ad una guerra? Oppure ci sono tanti ultimi spari che si inseguono al di là della parola fine, come se il crimine trovasse la sua giustificazione in quella autorizzazione iniziale che rendeva tutto lecito?
   Ad una prima lettura può sembrare che il giovane americano protagonista de “L’ultimo sparo” di Hugo Hamilton abbia intrapreso una ricerca storica, ma la storia che lo interessa è personale, forse quell’ultimo sparo echeggiato a guerra terminata è quello che gli ha permesso di vivere, di compiere questo viaggio di ricerca che è desiderio di identità, di conoscere le proprie origini. E allora le storie diventano due e si svolgono parallele in due anni che hanno segnato svolte epocali per l’Europa, il 1945 e il 1989- la fine del nazismo e della seconda guerra mondiale e la fine del comunismo. L’americano viveva a Düsseldorf già da qualche anno (“Perché proprio Düsseldorf, in realtà non lo so…In Germania c’è qualcosa che voglio…”) quando si era innamorato di Anke che poi aveva sposato un amico di entrambi. E nel 1985 era andato per la prima volta a Louny, in Cecoslovacchia, in cerca di quella che era stata la guarnigione tedesca, ma ora era occupata dai russi e non era possibile visitarla.
Louny, oggi
Nel 1945 Bertha Sommer era riuscita a scappare a tempo da Louny, dove lavorava come segretaria nella guarnigione, sotto l’incalzare dell’Armata Rossa preceduta dalla sua terribile fama. Era stata aiutata da Franz Kern, un sottufficiale gentiluomo, e ad un certo punto la loro fuga in bicicletta si era trasformata quasi in una scampagnata- lo stile terso di Hamilton fa spazio al silenzio, silenzio della contraerea e degli allarmi e delle esplosioni, e si illumina dei colori del cielo e degli alberi, mentre le biciclette arrancano, su sentieri e strade che non toccano le devastazioni della guerra, la polvere e le macerie. Una scena bellissima sul lago- luogo di quiete, pulizia dei corpi e dell’anima- è seguita da pagine di fortissima tensione e ancora sono le frasi brevissime di Hamilton che impongono il passo di un inseguimento, con il cuore in gola, che risuonano di terra calpestata e di ramoscelli infranti. E del fragore dello sparo.
Ma la Storia non termina con una battaglia o con una nube a forma di fungo o con l’ultimo sparo. Ed è quello che Hamilton vuole dirci con la ricerca del protagonista americano, con il suo legame d’amore che ha inizio in un luogo di montagna, in un’atmosfera che ricorda quella del lago di Franz e Bertha, con il bimbo handicappato figlio di Anke che mezzo secolo prima sarebbe stato condannato a morte certa. E il fatto che adesso muoia ha un significato del tutto diverso.

   Ci aveva incantato, Hugo Hamilton, con la voce del bambino che raccontava della sua famiglia irlandese-tedesca nel romanzo precedente, “Il cane che abbaiava alle onde”. Ci conquista, ne “L’ultimo sparo”, con la sua capacità di cambiare registro e tono narrativo, pur mantenendo la limpidezza e la sobrietà di stile che gli sono proprie, parlando di temi universali come l’amore e la guerra, la colpa e la morte, aggiungendovi un elemento autobiografico nel personaggio di Bertha- la ragazza tedesca che si lascia la Germania alle spalle. Come sua madre.

la recensione è stata pubblicata sulla rivista Stilos


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