martedì 14 giugno 2016

Alessia Gazzola, “Non è la fine del mondo” ed. 2016

                                                               Casa Nostra. Qui Italia
          chick-lit
          FRESCO DI LETTURA

Alessia Gazzola, “Non è la fine del mondo”
Ed. Feltrinelli, pagg. 218, Euro 15,00


    La chick-lit non è un genere che amo. Mi annoia. Non ho più l’età per la chick-lit. Perché mai Alessia Gazzola ha abbandonato l’anatomopatologa Alice Allevi, la simpatica protagonista dei suoi ‘gialli’, per virare  decisamente al ‘rosa’ in questo nuovo romanzo, “Non è la fine del mondo”? mi sentivo quasi arrabbiata nei confronti della scrittrice. E però glielo dovevo, di almeno provare a leggere il libro. L’ho finito in un giorno. Ed Emma De Tessent, la tenace stagista che ha una voce squillante quanto quella di Alice Allevi, mi ha conquistato.
    A volte sono dettagli che paiono insignificanti a decidere la sorte di un libro, a vincere la sfida del farsi sfogliare. Al primo colpo d’occhio mi è piaciuto che due sottotitoli seguissero “Non è la fine del mondo”, ovvero “La tenace stagista”, ovvero “Una favola d’oggi”. Al secondo, che ogni capitolo avesse un titolo, come si usava una volta, come facevano i primi grandi scrittori inglesi di romanzi, il Thackeray a cui Alessia Gazzola strizza l’occhio, facendolo nominare da Emma, o Henry Fielding. Un titolo è un programma, un’anticipazione di quello che leggeremo, una prova che lo scrittore sa di che cosa vuole parlarci. Emma, poi, si chiama come una delle eroine di Jane Austen, anche se una serata distensiva significa per lei un bel libro della collezione Harmony (il suo giornalaio glieli tiene da parte) e un pacchetto di biscotti pieni di grassi saturi da 0,99 euro (mi piace questa sincerità).
Gwyneth Paltrow nella parte di Emma
      Trentenne, una laurea, un master, conoscenza di tre lingue straniere, una buona famiglia alle spalle, Emma De Tessent  è un’eterna stagista presso una casa di produzione cinematografica sempre sull’orlo del fallimento. Finché perde il posto perché il contratto non le viene rinnovato e, dopo vari tentativi di trovare un altro impiego, finisce quasi per caso in un negozio di abbigliamento per bambini. Un negozio defilato ma estremamente raffinato, che non produce abitini in serie ma coltiva quel gusto un poco vintage che fa sembrare i bambini dei piccoli Lord Fauntleroy. Emma non sa tenere un ago in mano ma l’anziana proprietaria del negozio la prende in simpatia- le insegnerà lei. Il negozio elegante e fuori moda rispecchia la parte di personalità di Emma che ha bisogno del sogno per vivere, così come il villino con la cascata di glicini che lei immagina di poter comperare un giorno e intanto- perché no?- finge che sia suo, entra da un cancello arrugginito che non chiude bene e si siede su una panchina.
Emma non è il dottor Jekyll e Mr. Hyde, ma, se è necessario farsi avanti a gomitate nel mondo del lavoro, se deve avere sempre la risposta pronta e affilata, deve anche poter avere uno spazio di quiete tutto suo in cui rifugiarsi, una versione personale della ‘stanza tutta per sé’ di Virginia Woolf. E poi Emma viene richiamata a lavorare di nuovo alla casa di produzione cinematografica, proprio quando riceve pure un’altra offerta da parte di una casa rivale, dove c’è un produttore di grande fascino.
    Gli ingredienti della chick-lit ci sono tutti, anche se vi lascio molto altro da scoprire- segreti di famiglia, mogli che tradiscono i mariti, uomini fedifraghi, uomini d’onore, donne che non dimenticano il grande amore,  nipotine (di Emma) deliziose, eredità inaspettate. In più, anche degli scorci di Roma insoliti. Ma, con il tono lieve della commedia rosa, Alessia Gazzola affronta le problematiche della donna nel mondo moderno- la difficoltà di trovare un lavoro con un contratto a tempo indeterminato, lo sfruttamento dei giovani che accettano di essere eternamente stagisti pur di avere un impiego, le soluzioni da trovare per conciliare famiglia e figli (ahi, se non ci fossero nonne e zie a cui ricorrere!). L’amore, poi. Non c’è più solo il matrimonio come possibilità, come per le sorelle Bennet, forse è un bene, forse è un male. E tuttavia le pene d’amore, il ‘mi ama? non mi ama?’, restano uguali, per Elizabeth Bennet, per Emma Woodhouse, per Emma De Tessent.

la recensione sarà pubblicata su www.stradanove.net


    



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