venerdì 29 aprile 2016

Ludmila Ulitskaya, “Una storia russa” ed. 2016

                                                 Voci da mondi diversi. Russia
     la Storia nel romanzo
     romanzo 'romanzo'
     FRESCO DI LETTURA


Ludmila Ulitskaya, “Una storia russa”
Ed. Bompiani, trad. Emanuela Guercetti, pagg. 640, Euro 25,00

      Unione Sovietica. 5 marzo 1953. Quando la radio dà la notizia, è mattina presto e per tre bambine, Tamara, Galja e Olga, inizia un giorno come gli altri. Non lo è. E’ morto Stalin. Da almeno tre giorni si bisbigliava che fosse ammalato, che fosse già morto ma che si tardasse a dirlo. Qualunque adulto di quella generazione avrebbe ricordato per sempre che cosa stesse facendo quando aveva saputo che ‘il piccolo padre’ non c’era più- come, negli anni a venire, chiunque avrebbe ricordato come la sua vita si fosse bloccata nel momento in cui era stata annunciato l’assassinio di Kennedy, o la caduta del muro di Berlino, o l’attacco alle Torri gemelle. La sensazione di paura, e poi il pensiero che il futuro non poteva avere in serbo niente di peggio del passato.
      Il romanzo “Una storia russa” di Ludmila Ulitskaya- forse la più grande scrittrice russa contemporanea- è una storia fatta di tante storie, come spesso avviene nei romanzi russi, che inizia con l’amicizia di tre ragazzi, nata sui banchi di scuola e destinata a durare tutta la vita, con alti e bassi, con periodi di totale estraneità ma con la consapevolezza di avere amici di cui potersi fidare. E in qualche maniera la vita porterà i tre ragazzi- Ilja, Sanja e Micha, ad incontrare le tre bambine delle prime pagine del romanzo.

    Mentre leggevo, continuavo a chiedermi che cosa sia che rende così chiaramente ‘russo’ il romanzo di uno scrittore russo. Perché è innegabile che ci sia qualcosa di diverso, che mai, aprendo una pagina a caso, anche se i nomi fossero solo delle lettere per non far capire la nazionalità dei personaggi, potremmo pensare che un romanzo russo sia- che so- inglese, o spagnolo, o, men che meno, italiano. C’è un respiro ampio nel romanzo russo, una ricchezza di storie e di personaggi, una assenza di leggerezza che non vuol dire pesantezza e noia, un coinvolgimento profondo nella politica che è l’essenza stessa della quotidianità- non è possibile vivere senza prendere posizione in ogni momento, in ogni scelta. E, nel romanzo della Ulitskaya, c’è aria di cultura, c’è sete di idee- si potrebbe pensare che la Storia stessa abbia foggiato la personalità della gente.
Forse quanto più un regime è totalitario e vuole condurre il pensiero su un unico binario, tanto più qualcosa si inceppa, il pensiero segue la sua strada, i libri di cui è vietata la circolazione riaffiorano nella samizdat (la letteratura ‘sotterranea’, spesso scritta a mano) o nella tamizdat (quella che è riuscita a superare i confini e ad essere pubblicata all’estero), le poesie si imparano a memoria e passano da una mente all’altra, le fotografie (Ilja riceve in regalo la prima macchina fotografica dal padre quando è ancora un bambino- diventerà il suo tesoro per tutta la vita) documentano ciò di cui non si parla, la musica dà voce ai sentimenti nascosti (Sanja sarebbe potuto diventare un grande musicista se non avesse avuto la mano lesionata in un litigio a scuola), l’amore dà la forza di combattere malattie e morte (Olga vince il tumore che la consuma quando riceve una lettera da Ilja in esilio), l’amore non è solo passione ma complicità, amicizia, condivisione. E per i tre ragazzi diventati uomini, più che i genitori (per lo più assenti, parecchi scomparsi nelle famigerate purghe), l’esempio luminoso resterà sempre l’insegnante che aveva perso un braccio in guerra, l’uomo non molto più vecchio di loro che li portava in percorsi letterari in giro per Mosca, che stuzzicava le loro menti, sollecitava letture e discussioni- un professore carismatico quanto quello del film “L’attimo fuggente” (‘oh capitano, mio capitano!’).

Chruscev, Breznev succedono a Stalin. L’atmosfera di paura perenne continua. A turno gli amici sentono i fatidici colpi sulla porta che annunciano la visita del KGB, sono interrogati, nascondono scritti compromettenti, qualcuno fugge in Siberia, qualcuno emigra in Occidente, qualcuno riesce ad avere il permesso di tornare alla terra degli avi in Israele, il fragile Sanja accetta un finto matrimonio per andare in America.

    Un romanzo tumultuoso e affascinante tra le cui pagine si aggirano le ombre dei grandi scrittori che abbiamo amato, Pasternak e Solzhenitsyn, Puskin e Nabokov e Brodskij.




    

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