sabato 9 aprile 2016

Maj Sjöwall e Per Wahlöö, “Un assassino di troppo” ed. 2006

                                                                   vento del Nord
         cento sfumature di giallo
         il libro ritrovato

Maj Sjöwall e Per Wahlöö, “Un assassino di troppo”
Ed. Sellerio, trad. Renato Zatti, pagg. 377, Euro 12,00


    Abbiamo già dato il benvenuto, lo scorso anno, al nuovo personaggio comparso sulla scena della letteratura poliziesca, il commissario capo della squadra omicidi di Stoccolma Martin Beck, creato dalla coppia (coppia nella scrittura e nella vita, perché marito e moglie) di giornalisti e scrittori svedesi Maj Sjöwall e Per Wahlöö. “Un assassino di troppo”, pubblicato ora dalla Sellerio, è stato scritto nel 1974 ed è ambientato in Scania, la zona meridionale della Svezia in cui opera il commissario Wallander di Mankell, nel 1973. La data è importante perché nel romanzo ricompare un personaggio condannato per assassinio nove anni prima nel precedente “Roseanna”, ed offre anche uno spunto per riflessioni sui cambiamenti della società, all’inizio di un decennio per molti versi rivoluzionario.
      La vicenda incomincia con una donna che aspetta l’autobus sul ciglio della strada, un’auto  accosta offrendole un passaggio: la donna sale, conosce il conducente, si fida. E fa male. Viene data per dispersa finché il cadavere non verrà trovato. Poco dopo, in uno scontro a fuoco, due poliziotti vengono feriti, un terzo muore e muore pure uno dei due ladri che l’auto della polizia stava inseguendo.
Questi i due filoni della trama che, in qualche modo, si collegano e che, tutto sommato, non sono molto originali. Ma, come in “Roseanna”, la piacevolezza della narrazione sta nel suo ritmo lento, di quella lentezza che vuol dire ponderatezza ed equilibrio, senza sconcertanti colpi di scena o azioni cruente, che dà il tempo alla riflessione, allo sguardo sul paesaggio, allo scambio di battute che rivelano l’interiorità dei personaggi e il loro vissuto. Accanto al posato e non più giovane Martin Beck che, separato da anni dalla moglie, pensa di essere nuovamente innamorato, c’è il collega Kollenberg che non ha ancora perdonato a se stesso di aver ucciso, per errore, un collega in passato. Anche il giornalista Boman ha commesso un omicidio, in passato. Era ubriaco, c’era stata una rissa. Il senso della colpa e della linea sottile che separa chi ha licenza di uccidere e chi uccide e sconta la pena in prigione portandone il marchio per tutta la vita è uno dei fili conduttori del romanzo, anche perché l’uomo sospettato di aver assassinato la donna che aspettava l’autobus è quel Folke Bengtsson che aveva già ucciso Roseanna ed era tornato in libertà. In realtà non c’è nessuna prova contro di lui, c’è solo il suo comportamento solitario, il suo disprezzo verso le donne e soprattutto il pregiudizio e la necessità per la polizia di trovare un colpevole.


     E’ la polizia che è sotto accusa, il vero colpevole in “Un assassino di troppo”. Da quando la polizia è stata statalizzata sono aumentati i crimini in Svezia e i poliziotti “buoni”- Beck, Kollenberg, il gioviale Nöjd- pensano che l’aumento della violenza sia una risposta alla violenza esercitata da una polizia reazionaria, troppo pronta ad usare le armi contro i sospetti criminali. La Svezia di Sjöwall e Wahlöö non è quell’algido paradiso nordico che siamo soliti immaginare- poliziotti idioti, gioventù sbandata perché non trova lavoro, sistema sanitario inefficiente- ed è con lieve tristezza che alla fine salutiamo il dimissionario Kollenberg, uno dei migliori che si arrende.

la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net


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