mercoledì 20 aprile 2016

Maj Sjöwall e Per Wahlöö, “Omicidio al Savoy” ed. 2009

                                                          vento del Nord
cento sfumature di giallo
il libro ritrovato

Maj Sjöwall e Per Wahlöö, “Omicidio al Savoy”
Ed. Sellerio, trad. Renato Zatti, pagg. 327, Euro 14,00




   Pare proprio inevitabile che inizi a scrivere di un romanzo della coppia svedese Maj Sjöwall e Per Wahlöö dicendo che è stato un piacere leggerlo, anche se so di ripetermi. Ma è quello che si prova girando le pagine di un libro della serie che ha per protagonista l’ispettore Martin Beck, che spero siano in molti a conoscere e apprezzare come protagonista di indagini poliziesche a Stoccolma, alla fine degli anni sessanta.
  Il romanzo precedente, “L’autopompa fantasma”, iniziava con una introduzione in cui i due autori (Per Wahlöö è morto nel 1975) chiarivano i loro intenti: “con la serie ‘ romanzo su un crimine’, che abbiamo pianificato in dieci parti, intendiamo analizzare la società borghese del benessere; cerchiamo di guardare la criminalità in rapporto alle dottrine politiche ed ideologiche di tale società”. E, a mano a mano che continuiamo nella lettura dei romanzi (questo è il sesto che la casa editrice Sellerio ripropone) il loro progetto- di scrivere un unico romanzo in dieci puntate- risulta sempre più chiaro.
      “Omicidio al Savoy” inizia, per l’appunto, con un omicidio: viene ucciso Viktor Palmgren, magnate, proprietario di varie aziende, speculatore finanziario. Il lettore, naturalmente, non sa fino alla fine chi abbia ucciso Palmgren e perché, ma l’attrattiva del romanzo è proprio nell’esplorazione dei possibili motivi, nello svelare quello che c’è dietro lo scintillio della vita dorata di Palmgren, nato e cresciuto in un’area di Stoccolma che è ben nota, tra i poliziotti, solo a Gunvald Larsson (di cui già conosciamo le origini famigliari che si possono indovinare nella raffinatezza del suo abbigliamento).
Una casa a Stoccolma, una al mare, una a Malmö, una a Estoril; una moglie che faceva la modella e aveva oltre vent’anni meno di lui; parecchie aziende affidate a collaboratori: in che cosa commerciava Palmgren? Solo aringhe? O magari si trattava anche di traffico d’armi, visto che il lavoro lo portava così spesso in Africa, in quelle che il Portogallo amava chiamare “province d’oltremare” e che non erano altro che le colonie? E poi un’agenzia immobiliare- il paragone tra le abitazioni costruite dall’impresa di Palmgren, anche se diretta da altri, e la lussuosa dimora in cui la giovane vedova prende il sole nuda sul bordo della piscina è stridente, nonché rivelatore dell’ipocrisia di tutta un’ideologia.

    Ritroviamo nel romanzo i personaggi che abbiamo incontrato in quelli precedenti, e li accompagniamo nella loro vita personale, oltre che nella vicenda poliziesca. Così il nostro pacato ed equilibrato Martin Beck ha trovato finalmente un alloggio per conto suo e si è separato dalla moglie, scoprendo che i suoi disturbi di stomaco erano psicosomatici; Åsa Torell, che aveva perso il marito ne “Il poliziotto che ride”, incomincia a superare il dolore; il giovane Skacke è sempre zelante…E non tutto è roseo neppure nel corpo di polizia svedese: i Catarella esistono ovunque, magari non così divertenti negli strafalcioni di linguaggio, ma ugualmente corti di comprendonio.
    Il colpevole viene preso, ma il finale è molto amaro- per noi e per Martin Beck. Forse avremmo preferito che il delitto restasse impunito. Forse anche Beck (il libro si chiude con la frase, “Si chiedeva se sarebbe riuscito a dormire sul treno”) ne sarebbe stato più contento.

Ah, e a noi dispiace qualcos’altro: che ci siano solo altri quattro romanzi dei “maestri” del giallo svedese da leggere.

la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net


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