martedì 21 gennaio 2025

Ritanna Armeni, “A Roma non ci sono le montagne. Il romanzo di via Rasella: lotta, amore e libertà.” ed. 2025

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                                                    seconda guerra mondiale

Ritanna Armeni, “A Roma non ci sono le montagne. Il romanzo di via Rasella: lotta, amore e libertà.

Ed. Ponte alle Grazie, pagg. 240, Euro 17,10

 

   23 marzo 1944. Via Rasella, Roma. Fosse Ardeatine. Chissà fino a quando questa data e queste indicazioni di luoghi diranno ancora qualcosa, con un riflesso immediato, alle nuove generazioni. Sono passati ottant’anni, e sono tanti, ma in qualche maniera la memoria di quanto accadde quel giorno e quello seguente e in quei luoghi, deve essere preservato e tramandato, al di là di ogni polemica. Ed è quello che fa il libro di Ritanna Armeni “A Roma non ci sono le montagne”, la fotografia di un gruppo di ragazzi e ragazze in copertina- ci colpisce la loro giovinezza, ci tocca il loro sorriso, e no, non possono essere dei ragazzi in gita scolastica, alcuni di loro imbracciano un fucile.

   ‘Roma città aperta’ (è anche il titolo di un famoso film di Roberto Rossellini)- con ‘città aperta’ si indicava una città che, per un accordo tra i belligeranti, non doveva essere luogo di scontri. E invece, nella Roma occupata dai tedeschi nel 1944, c’erano scontri, c’erano soprusi da parte degli occupanti, c’erano arresti e prelievi di uomini che venivano mandati a lavorare in Germania, c’erano stati, quel fatidico 16 ottobre dell’anno precedente, il rastrellamento del ghetto e la partenza dei treni per Auschwitz.


Anche a Roma, come nel Nord Italia, operava la Resistenza, i partigiani- Banditen per i tedeschi- compivano azioni di quella che si potrebbe chiamare guerriglia. Era meno facile agire a Roma, perché- come dice il titolo del libro di Ritanna Armeni- a Roma non ci sono montagne, era più difficile darsi alla macchia o fuggire dopo un’operazione o nascondersi preparando un agguato.

    Il romanzo (i nomi dei personaggi sono quelli veri, si può trovare un riscontro su internet) inizia con un giovane (nome di battaglia Paolo, nome vero Rosario detto Sasà Bentivegna) che, nelle vesti di uno spazzino, spinge un carretto che contiene il tritolo di cui dovrà accendere la miccia.


L’operazione è stata preparata nei minimi dettagli, ogni movimento è calcolato al minuto. Sasà, Carla (Carla Capponi, medaglia d’oro al valor militare per la sua attività come partigiana), Cola (Franco Calamandrei) e gli altri, avrebbero atteso il passaggio di una colonna di soldati tedeschi che provenivano dal poligono di tiro e che facevano lo stesso percorso cantando ogni giorno. Era stata scelta via Rasella per l’appostamento, perché era una via stretta, di poco passaggio e con pochi negozi- c’era minor rischio di danni collaterali non voluti.

   Anche se sappiamo quello che avvenne, Ritanna Armeni riesce a farci restare con il fiato sospeso  (so che non è bello dirlo, perché stiamo leggendo un momento drammatico della nostra Storia e non un thriller, ma alla scrittrice va il merito di saperci coinvolgere) e il suo racconto alterna la precisa ricostruzione di quell’attesa che si prolungò per il ritardo dei tedeschi (i tedeschi in ritardo- non era mai successo, ma anche loro erano tesi per timore di disordini in quel giorno che era un anniversario importante per i fasci), i pensieri e l’inquietudine dei partigiani, con capitoli di flash-back, con racconti di altre imprese, con il ricordo del trauma per la prima volta in cui una di loro aveva ucciso (aveva sparato a un tedesco, ma era pur sempre un uomo), con le storie di amore tra quei ragazzi che avevano messo da parte i libri per imbracciare il fucile. E c’è anche, in primo piano, un soldato del battaglione Bozen, con i suoi pensieri e i suoi ricordi. Veniva dall’Alto Adige, si era stupito di essere stato chiamato alle armi pur non avendo un passaporto tedesco, aveva pensato di nascondersi sulle montagne ma aveva avuto paura di rappresaglie sulla sua famiglia. Roma gli piaceva, piazza di Spagna gli sembrava incantevole. È un personaggio che vuole ricordarci che non dobbiamo mai dimenticare anche le vittime ‘nemiche’.

Carla e Sasà 

    Sappiamo come finisce l’attentato, con i 33 morti tedeschi e la tremenda rappresaglia ordinata da Kappler, dieci italiani per ogni tedesco ucciso- 335, con 5 per sovrannumero. Si sentirono provenire dalle Fosse Ardeatine (cave di pozzolana oggi diventate un memoriale sacrario) gli spari per un giorno intero, il 24 marzo.

    Un libro assolutamente da leggere, per ricordare e per riflettere- c’era forse un’altra maniera che non avesse questa conseguenza drammatica, per dimostrare che gli italiani non erano un popolo passivo, che non avevano prima seguito passivamente il Duce e che aspettavano passivamente la liberazione degli Alleati?




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