Voci da mondi diversi. Paesi Bassi
Gerbrand Bakker, “Quelli che restano”
Ed.
Iperborea, trad. Elisabetta Svaluto Moreolo, pagg 311, Euro 19,00
Ad un certo punto a Jan Weiman, barbiere
figlio di un barbiere, era parso più alla moda, più invogliante, esporre Chez Jean, in francese, fuori dalla
porta del negozio. Così come il cartello diceva ‘Fermé’ e ‘Ouvert’. E così
era rimasto, anche quando ormai il barbiere/parrucchiere era il nipote di Jan
che si chiamava Simon e i clienti che non lo conoscevano si rivolgevano a lui
come ‘Jean’.
Simon non si ammazza di lavoro, quando
riceve quattro clienti in un giorno, per lui è sufficiente. Nel tempo libero va
in piscina. È così che sua madre si rivolge a lui per aiuto- lei sorveglia un
gruppetto di ragazzi disabili mentre nuotano in piscina, l’amica che dovrebbe
lavorare insieme a lei è partita con un uomo per le Canarie, può affiancarla
Simon?
Le Canarie e la piscina sono i due spunti per ampliare la caratterizzazione dei personaggi e per dare inizio ad una sottotrama.
Nel 1977 il padre di Simon che in realtà neppure sapeva che sarebbe diventato padre era morto nel tremendo disastro aereo dell’aeroporto di Los Rodeos nelle Canarie, quando l’aereo della KLM proveniente da Amsterdam aveva investito l’aereo della Pan Am arrivato dagli Stati Uniti. Era morto veramente Cornelis Weiman? Né la moglie né il padre sapevano che sarebbe partito, il suo corpo non era mai stato ritrovato- era forse tra quelli che non era stato possibile identificare? La sua morte aveva privato un padre del figlio, una moglie del marito e un figlio del padre. Ma è solo ora, dopo una visita al memoriale nel cimitero insieme al nonno, che Simon incomincia a porsi domande, a voler sapere di più, a cercare su internet ogni possibile notizia, ogni testimonianza dei pochissimi superstiti. E perché sua madre non era voluta andare alla cerimonia commemorativa del 2007?
Si apre così uno squarcio sulla sottotrama
che ci ricorda “Il fu Mattia Pascal”- chi era Cornelis Weiman, con chi era
partito, la sua paura, la decisione che gli aveva salvato la vita.
In controparte, ad Amsterdam, Simon,
dichiaratamente gay, ha qualche incontro fuggevole con un paio di uomini, con
uno scrittore che si fa tagliare i capelli da lui, che sta scrivendo un romanzo
che ha un barbiere come protagonista e che gli ruba la storia del padre morto
in un incidente aereo. E poi Simon si sente attratto dal più grande dei ragazzi
disabili, un bel ragazzo di cui però fraintende le intenzioni.
Il romanzo di Gerbrand Bakker è una storia di solitudini. Non c’è un personaggio che sia felicemente accoppiato- non il nonno nonostante dica di essere ricercato dalle signore della sua casa di riposo, non la madre di Simon (è una bella donna, perché non si è mai risposata?), non lo scrittore che scrivendo si appropria della vita degli altri, non il gestore del bar per gay che racconta di una vicenda rovente (e pericolosa) che ha avuto a Teheran, non Cornelis che conta il passare degli anni con il numero di cani che ha avuto, non i ragazzi disabili chiusi più di ogni altro nella loro diversità, non Simon, infine, che non ha neppure potuto scegliere la sua vita, che è sempre stato l’orfano del disastro aereo.
Raccontato così, sembrerebbe un romanzo
triste e invece non lo è affatto. La narrativa procede come in un intrigante
gioco di specchi che ci fa pensare al quadro dei ‘coniugi Arnolfini’ di Van
Eyck- immaginate Simon che vede il suo riflesso nello specchio del negozio da
barbiere e nello stesso tempo vede pure il riflesso dello scrittore o del
ragazzo disabile a cui taglia i capelli sfiorandogli il collo, e poi lo
scrittore che, pure lui, vede se stesso e Simon nello specchio e tutte le loro
storie si riversano nelle pagine di un romanzo dentro il romanzo. C’è una leggera
ironia che pervade tutto il libro, una scherzosità che alleggerisce ogni
tragedia, una volontà di vivere bene la solitudine o la scelta di essere single
cercando l’affetto dove lo si può trovare.
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