Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
romanzo di formazione
Stephen Crane, “Il segno rosso del coraggio”
Ed.
Sellerio, trad. Alessandro Barbero, pagg. 253, Euro 14.00
Si chiama Henry Fleming, il giovane protagonista di questo classico (assolutamente da leggere) della letteratura americana. E tuttavia di lui si parlerà sempre come de ‘il ragazzo’, così come gli altri personaggi saranno identificati come ‘il soldato alto’, ‘il soldato stracciato’, ‘il soldato che parlava forte’.
Il breve romanzo inizia quando il ragazzo decide di arruolarsi. “Non fare lo scemo”, gli dice la madre incredula, per poi fargli le raccomandazioni di ogni madre, “non dimenticarti i calzini e le camicie”, “pensa solo a fare la cosa giusta”, “stai attento e fai il bravo”.
Poi Henry si trova catapultato in un altro mondo fatto di rumori e colori, di giubbe blu e di giubbe grigie. Fatto di colori, prima di tutto, e il colore dominante è il rosso. Il sole al tramonto tinge il cielo di rosso, l’aria stessa sembra essere colorata di rosso, perfino il rumore dei cannoni è rosso, rosso è il sangue dei feriti- quanto vorrebbe, il ragazzo, essere ferito e avere anche lui, come un’insegna al valore, una traccia di sangue, “il segno rosso del coraggio”. Il ragazzo scopre di non essere affatto coraggioso e, nella battaglia che dura due giorni e una notte, arriva a convincersi che non è certo l’unico ad avere paura, anzi, forse è una manovra intelligente, ripiegare avendo capito che gli unionisti stanno perdendo.
Dovrà mentire, il ragazzo, dovrà fingere di aver perso il suo reggimento, di essere stato ferito di striscio alla testa da una pallottola (è stato invece un banale incidente) lasciandosi fasciare e accudire. Il suo diventare grande passa per lo spettacolo sconvolgente della morte, da quella del soldato che stava camminando al suo fianco alla marea di corpi accasciati sul campo di battaglia, passa per la rivelazione che non c’è eroismo nella guerra, che la parte più facile è quella dei generali o degli alti gradi dell’esercito che non si espongono in prima linea, e che, se c’è eroismo, è nel vincere la paura.
Sono due le battaglie che si stanno combattendo su quel campo su cui aleggia il fumo degli spari- quella dei blu contro i grigi (il volto del nemico non è mai messo a fuoco) e quella contro il se stesso oscuro, la parte di sé che si vorrebbe tenere nascosta. Dopo la vittoria il ragazzo sente di essersi ‘liberato dal rosso malessere della battaglia’- la battaglia è come una malattia e il colore (sempre il rosso del sangue) è lavato dalla pioggia che scende, il paesaggio riprende i suoi colori mentre ‘sopra il fiume un raggio di sole si aprì una strada dorata attraverso il plumbeo ammasso di nuvole.’
“Il segno rosso del coraggio” fu dapprima
pubblicato a puntate nel 1894 e poi in volume l’anno seguente. La guerra di
secessione si era svolta tra il 1861 e il 1865 e Stephen Crane era nato nel
1871- non aveva una conoscenza diretta della guerra e ne scrisse un trentennio
dopo la fine. Il fatto che non ci sia niente di precisato, né il tempo, né il
luogo, né alcun nome dei generali, rende questo romanzo universale, lo
trasforma in un classico della letteratura di guerra, una voce potente quanto
il ruggito dei cannoni contro ogni guerra.
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