domenica 5 maggio 2024

Martin Pollack, “La donna senza tomba” ed. 2024

                               Voci da mondi diversi. Area germanica

                                                      Storia

               saggio

Martin Pollack, “La donna senza tomba”

Ed. Keller, trad. Elisa Leonzio, pagg. 188, Euro 16,15

 

    Che tristezza, pensare ad una donna che non c’è più, non solo, una donna che una volta esisteva e si affacciava ad una finestra della grande casa della piazza e che adesso non si può neppure ricordare mettendo un fiore sulla sua tomba.

    Si chiamava Pauline Bast, sposata Drolc, ed era la prozia dello scrittore, vale a dire la sorella di suo nonno. Con l’amore della ricerca e dell’accuratezza storica che lo contraddistingue, Martin Pollack segue le tracce di Pauline (in sloveno Pavla), ne ricostruisce la vita e, insieme alla sua, quella della numerosa famiglia Bast. Intorno a loro si anima l’intera cittadina di Tüffer (in sloveno Laško), nella bassa Stiria. Osserviamo subito un dettaglio: tutti i nomi che vengono citati, sono detti in entrambe le lingue. Vuol dire tanto, vuol dire che parliamo di una terra passata da una sovranità all’altra, adattandosi, senza poter mantenere la sua identità.

   Iniziamo dal destino finale di Pauline, di cui Pollack riesce a sapere grazie ad una lettera del fratello di lei, suo prozio. Nel 1945, quando la guerra era finita da pochi mesi, i partigiani jugoslavi avanzavano nella bassa Stiria, arrestando gli abitanti di origine tedesca. Pauline, la mite Pauline di settant’anni, di famiglia tedesca ma sposata con l’organista slavo Drolc, fu arrestata e portata nel campo di internamento provvisorio del castello di Hrastovec. Morì poco dopo, in agosto, per le terribili condizioni del campo, per fame, chissà, per malattia o per sfinimento. Il corpo era finito in una fossa comune? Non fu mai ritrovato.

Hrastovec
       Ci vuole la pazienza, la meticolosità, la puntigliosità di un archeologo per fare ricerche su una persona che appartiene ad un’altra epoca in cui non esisteva neppure il concetto di una documentazione accurata. Martin Pollack procede, un passo dopo l’altro, a ricomporre le tessere di un puzzle- quello che si vedrà, alla fine, non sarà soltanto una figura di donna che molte persone di Tüffer ricordavano di aver visto per lo più alla finestra, ma l’intera cittadina, con schiere di personaggi di appartenenza territoriale e linguistica diversa. È una storia travagliata, quella dell’attuale Slovenia, pressata tra altri Stati, fagocitata dalla Germania prima, passata alla Jugoslavia poi. Martin Pollack inizia da quando la famiglia Bast si stabilì a Tüffer comprando la grande casa dove il loro nome avrebbe giganteggiato sulla porta, segue la crescita dei numerosi figli- le figlie femmine contavano poco, si sa, i maschi completarono gli studi, si unirono a confraternite simpatizzanti con il nuovo movimento nazionalsocialista, avrebbero sostenuto il Reich, uno di loro portava quei ridicoli baffetti alla Hitler. Nel corso inesorabile della Storia, quella che era stata una pacifica convivenza tra tedeschi e slavi, si sarebbe trasformata in un aspro contrasto, in un primo tempo con gli slavi considerati inferiori e la loro lingua bandita, e in un secondo tempo, dopo la fine del conflitto, la situazione si sarebbe capovolta con il desiderio di far scontare ai tedeschi tutte le loro colpe.


    Come se l’erano cavata i Bast? Di suo padre Gerhard, arruolato nelle SS e trovato morto nel 1947 (era ricercato come criminale di guerra e cercava di fuggire), Martin Pollack ha già parlato ne “Il morto nel bunker”, qui lo scrittore segue le sorti degli altri fratelli e sorelle Bast, un compito non facile in cui le testimonianze si basano su frammenti di ricordi e la parola passa dall’uno all’altro aggiungendo qualche dettaglio. E in definitiva la vittima della Storia fu una donna, Pauline, che non aveva colpe, non simpatizzava con i nazisti, era sposata con un non tedesco, un uomo di chiesa che aveva l’incarico di cuocere le ostie (tutti i bambini di un tempo ricordano con golosità gli avanzi di impasto che lui distribuiva). Lui aveva taciuto mentre portavano via la moglie?

    “La donna senza tomba” non è soltanto un esempio eccellente di libro-saggio, è anche un documento importante per la ricostruzione storica di un’epoca, è un omaggio alla memoria dei miti sulla terra.



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