domenica 11 aprile 2021

Chris Hammer, “Scrublands Noir” ed. 2021

                                                       Voci da mondi diversi. Australia

cento sfumature di giallo

Chris Hammer, “Scrublands Noir”

Ed. Neri Pozza, trad. A. Biavasco e V. Guani, pagg. 425, Euro 19,00

     L’antefatto. Siamo a Riversend, una piccola cittadina in un’area dell’Australia dove il clima è secco, la vegetazione scarsa, la temperatura supera i 40° e l’aria è arroventata. Un gruppo di uomini attende fuori della chiesa l’inizio della funzione. Hanno appena scambiato due chiacchiere con il sacerdote. Questo è entrato per prepararsi. Quando esce dalla chiesa indossa i paramenti ma ha anche in mano un fucile da caccia con il mirino. Uccide cinque persone prima che arrivi il poliziotto. Il prete sarà il sesto morto.

     Un anno dopo. Il giornalista Martin Scarsden arriva a Riversend. Deve scrivere un pezzo sulla cittadina e sui suoi abitanti in occasione dell’anniversario della strage- come sono cambiati, come hanno vissuto questo tempo ‘dopo’ l’inspiegabile pluriomicidio. Per Martin è l’occasione per ridare lustro alla sua carriera- ha passato un periodo orribile dopo una brutta avventura a Gaza. E tuttavia si scontra subito con l’ostilità e la diffidenza della gente del posto che non ha gradito quello che la stampa ha detto di loro e soprattutto quello che è stato scritto su Byron Swift, l’aitante e carismatico sacerdote. È stupefacente: Byron Swift ha ucciso cinque persone eppure tutti ne parlano bene. Due donne lo amano ancora e lo difendono, con una di loro Martin avrà una storia.


    “Scrublands noir” è un libro che si divora, un vero page-turner anche se potrebbe essere migliore con un centinaio di pagine in meno. L’ambientazione, prima di tutto, lo rende insolito. Lo scrittore è bravissimo nel farci sentire il caldo implacabile, l’aria che sembra bruciare la pelle. Quando scoppia un incendio nelle Scrublands, ci sembra quasi che quelle fiamme distruttive acquistino un valore metaforico e quando un incendio abbatte l’albergo ormai chiuso, mandando in fumo delle prove e ustionando un poliziotto, ci sembra che sia il segno di un castigo superiore. E, quando tutto è risolto e i misteri sono spiegati, ci pare giusto che nuvoloni si accumulino su Riversend ed una pioggia catartica si rovesci sulla cittadina.

   Il secondo elemento che rende il romanzo diverso è il fatto che tutto sembra già finire con l’inizio. Ci sono i morti, c’è il colpevole. È quello che basta alla polizia. Basta, però, a noi? Di certo non basta a Martin che si trova suo malgrado a cercare di capire perché quello straordinario sacerdote abbia ammazzato tutte quelle persone. Non crede possibile che sia stato colto da un raptus. È il mestiere di Martin, quello di far parlare le persone, e lui ci riesce benissimo. E però non è che il puzzle si ricomponga, tessera dopo tessera. Riversend sembra essere un paese maledetto- si aggiungono altri morti, tra colpi di scena da far tenere il fiato in sospeso. Una decina di morti, abbastanza da svuotare la città, se si aggiungono a quelli che già se ne sono andati a causa della siccità prolungata. E forse sono troppi, così come sono troppi i filoni, succedono troppe cose, risultano coinvolti anche i Bikers che sembrano cavalieri dell’apocalisse sulle loro moto rombanti a cui non avevamo prestato attenzione, pensando fossero turisti.

    Infine, lungo tutto il romanzo, c’è una riflessione sul potere della stampa, nel bene e ancora più spesso nel male, su come la fame di notizie, l’ambizione di ottenere un articolo in prima pagina puntando sulla sensazionalità più che sulla veridicità di quanto si scrive, possa causare danni alle persone coinvolte la cui intimità e i cui sentimenti non vengono rispettati.

   C’è però una cosa da dire a questo proposito, una cosa che fa di questo romanzo, oltre che un thriller, un romanzo di formazione- l’esperienza di Riversend fa cambiare Martin il solitario, che ha sempre usato le persone, che ha sempre dato la precedenza allo scoop. La sua storia d’amore con una ragazza madre è piuttosto superficiale ma, insieme agli incubi ricorrenti della brutta avventura a Gaza, gli serve per riflettere su che cosa implichi ‘essere’ una notizia, diventare il pasto succulento per lettori in cerca di brividi e di scandali.

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