giovedì 15 aprile 2021

Alina Adams, “La scelta di Nataša” ed. 2021

                             Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America

         storia di famiglia

Alina Adams, “La scelta di Nataša”

Ed. Nord, trad. G. Maugeri, pagg.426, Euro 18,00

 

   Sembra una frase buffa, detta da una donna anziana e magari un po’ fuori di testa, quella all’inizio del romanzo “La scelta di Nataša” di Alina Adams: ‘L’amore non è una patata’, dice la bisnonna Alisa. Per poi spiegare, però,: ‘Perché quando l’amore va a male non puoi buttarlo dalla finestra’- e la parola russa per finestra (okoška) fa rima con kartoška che significa ‘patata’. E a questo punto, quando leggiamo la frase di chiusura del libro che osserva che c’è una patata nel piatto che la bisnonna offre al ragazzo che la bisnipote Zoe ha invitato alla festa, comprendiamo l’allusione nascosta che suggella una storia d’amore.

   Un’altra storia d’amore, in questo romanzo che copre quasi un secolo e che è la storia di tre donne, anzi, di cinque se consideriamo tutte le generazioni,  tra Odessa in Ucraina, la Siberia, e poi ancora Odessa e Brighton Beach, la ‘Little Odessa’ di New York. Ma questo non è soltanto un libro che parla d’amore. E comunque non è mai un amore facile e rosa. È un amore che deve lottare per sopravvivere, che impone delle scelte che sembrano non avere nulla a che fare con questo sentimento, che sembra essere il surrogato di quello che si pensa essere il vero amore per poi rivelare la sua profondità, ben diversa dallo scintillio e dall’esaltazione di quell’altro.

   È una grande donna, quella Daria o Dvora che è la trisnonna di Zoe. A diciassette anni aveva sposato un pianista famoso, dopo uno di quei corteggiamenti di altri tempi in cui una ragazza doveva farsi corteggiare a lungo prima di cedere. Erano gli anni ‘30, quelli delle purghe di Stalin. Una delazione e Daria, il marito e le due bambine (una era Alisa) erano finiti in Siberia.

   La prima parte del romanzo, con il lungo viaggio sul treno che li porta in Siberia, la durissima vita laggiù, non da prigionieri ma per costruire l’Unione Sovietica (quanta crudele ironia in queste parole), il dolore nel vedere il crollo psicologico e fisico del marito, nel non riuscire a impedire la morte di una delle bambine, la scelta, infine, che Daria si trova obbligata a fare, è indubbiamente la parte più bella del libro. Questa è la prima delle scelte che Daria trova sul cammino della sua vita, ed è pure la prima delle scelte che, di generazione in generazione, le donne della sua famiglia si troveranno a fare. E tuttavia- questa è una grande lezione- a volte si sceglie quello che non si vorrebbe ma che si rivela essere giusto per noi.

Odessa. Università di Medicina

   Così è per Daria, che scopre in un altro uomo che non è suo marito e che aveva giudicato come malvagio, delle qualità di generosità e di forza d’animo inaspettate. Così sarà per la nipote Nataša- ma siamo già negli anni ‘70, Nataša non riesce ad iscriversi alla facoltà di matematica perché ebrea, si unisce ad un gruppo di dissidenti (per amore, o per quello che crede sia amore), mette a rischio la sua famiglia, fa anche lei una scelta. Un’altra scelta obbligata, perché lei non sceglierebbe di sposare Boris che, invece, si rivela essere la persona giusta per lei, un altro degli uomini generosi che incontriamo in queste pagine, che per amore accettano come propri i figli di un altro uomo e della donna che amano.

    Da Odessa a Brighton Beach. Come ci si adatta ad un nuovo paese, ad una nuova lingua, ad una nuova cultura e ad usanze diverse quando si ha tanta storia alle spalle? È Zoe, il cui nome in russo sarebbe Zoya o Zoyenka, la prima vera americana- riuscirà a liberarsi delle aspettative riposte su di lei, a sganciarsi dai modelli femminili di sua madre Julia, della Baba Nataša, della bisnonna Alisa? Il finale è perfetto nel crogiuolo americano.

Little Odessa

   Solo ad una lettura veloce questa ultima parte può sembrare meno coinvolgente delle altre. Certo, non c’è la tensione e la drammaticità dei capitoli del terrore staliniano e neppure la strisciante diffidenza e paura degli anni ‘70 in Odessa, ma è qui e adesso che il romanzo raggiunge la sua pienezza, la calma dopo la tempesta. È qui che possiamo ricomporre la matrioska che dà il titolo originale al libro, “The nesting dolls”, è qui che il futuro appare soffuso di serenità dopo tutto quel passato di livide angosce.

     Un libro molto bello, di Storia e di storie, di guerra e di amore, del trionfo della volontà di vivere. Da leggere.

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la recensione sarà pubblicata su www.stradanove.it

a breve seguirà intervista con la scrittrice



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