venerdì 16 aprile 2021

Alina Adams, "La scelta di Nataša" - Intervista

    


    Ho sentito Alina Adams raccontare la sua storia su youtube, una storia che potrebbe fare parte del suo romanzo “La scelta di Nataša”. Alina aveva sette anni quando lasciò Odessa con i genitori per emigrare negli Stati Uniti. Non sapeva nulla di quella che per lei sarebbe stata una grande avventura, era una bambina, avrebbe potuto parlare, lasciarsi sfuggire qualcosa. E Alina proprio non riusciva a capire perché tutti piangessero sul marciapiede della stazione- andavano via per una breve gita, no? Avevano seguito il solito itinerario, Vienna, poi Italia, Roma. A Roma si erano fermati quattro mesi, innamorati della città, della luce, del cibo. Lei ricorda i mandarini, le sembra di aver vissuto di mandarini. Avevano avuto la scelta di due destinazioni, o nel New Jersey o a San Francisco. Qualcuno gli aveva detto- nessun dubbio, andate a San Francisco. All’aeroporto di New York, in partenza per San Francisco, c’era stato un piccolo dramma- Alina non aveva più il suo orsetto di peluche. Impossibile partire senza l’orsetto. Suo padre aveva preso un taxi ed era tornato all’albergo. Avevano già rifatto le stanze e nessun orsetto era saltato fuori. Suo padre non si era arreso e aveva chiesto di essere portato nella lavanderia- orsetto ritrovato!

Alina con l'orsetto. Per gentile concessione della scrittrice

Alina ed io abbiamo continuato a parlare del suo libro- lei a New York, io a Milano- sulla piattaforma zoom.

Fino a che punto la storia raccontata ne “La scelta di Nataša” è una storia della sua famiglia? Quali personaggi sono veri e quali inventati?

    All’inizio di ogni romanzo si legge sempre che ogni riferimento a persone viventi è casuale, che nessuno dei personaggi corrisponde ad una persona vera, ed io lo ribadisco. Però il romanzo è un insieme di storie che ho sentito raccontare nella mia famiglia o in altre famiglie o da miei parenti. Specialmente gli aneddoti dell’arrivo a New York con i fraintendimenti riguardo a certe espressioni come ‘see you later’ che veniva interpretata come se ci si dovesse incontrare di nuovo quello stesso giorno o altre storielle del genere- sono tutti basati su storie vere.

La prima parte del libro, quella con la deportazione di Daria, Edward e le bambine in Siberia, è molto coinvolgente, ci fa rivivere la spietatezza di quella ‘prigionia’. Che cosa ha letto per documentarsi?

    Ho letto parecchie opere di non-fiction, lettere, diari, anche diari di guardie dei campi in Siberia degli anni ‘20, ’30, anche ‘50. Ho preso alcune storie da queste documentazioni e altre sono successe veramente alla mia famiglia. Così è veramente capitato che, in una frenetica ricerca di medicine, venisse chiesto alla mia trisnonna se voleva resuscitare un cadavere…

Nel romanzo c’è una straordinaria galleria di personaggi notevoli: quale è quello che ha amato di più?

   Non saprei dire se è il personaggio più amato, ma di certo Edward, il marito di Daria, è quello che mi è più caro. Perché non ha fatto niente di sbagliato. È cresciuto per una certa vita e sarebbe stato un marito meraviglioso, un padre meraviglioso, un pianista meraviglioso se non fosse successo quello che è successo. È stato incapace di adattarsi. Non è stato forte abbastanza. Ha avuto soltanto abbastanza forza da uccidersi. Ecco, non è il mio preferito ma simpatizzo con lui perché quello che succede cambia tutto e non dipende da qualcosa che lui abbia sbagliato.

Quello che ha amato di più coincide con quello che ha ammirato di più?

   No. Ho ammirato Adam: corrisponde alla mia idea di come dovrebbe essere una persona. Ho tre figli e penso che la cosa più importante da insegnargli è l’essere flessibili e trovare come sopravvivere non importa quello che accada.

Chi era, nella sua famiglia, la grande raccontatrice di storie?

    Mia nonna amava raccontare storie, amava recitare scene drammatiche, amava la poesia, amava essere un’attrice sul palcoscenico della vita famigliare. Mia nonna aveva una personalità straordinaria.


Quando ha iniziato a pensare che la sua famiglia sarebbe stata un soggetto ottimo per un romanzo?

   Avevo già scritto una storia ambientato in Russia ma la mia editor mi aveva scoraggiato. Mi aveva detto che a nessuno interessava la Russia, nessuno l’avrebbe voluta. Poi tre anni fa è cambiato tutto: la Russia è diventata un soggetto ‘bollente’. Posso immaginare il perché…

Osserviamo insieme come niente cambi mai veramente in Russia. Adesso come un tempo nessuna notizia filtra dalla Russia per quello che riguarda il covid, sembra che neppure abbiano avuto dei morti. E comunque- mi dice Alina- qualunque cosa si venisse a sapere, non potremmo essere certi che sia la verità. Anzi.

Ha scritto questo romanzo anche per mantenere viva per i suoi figli la memoria del passato?

   Sì. Avevo già scritto una serie di thriller che ruotavano intorno al pattinaggio artistico su ghiaccio e cinque anni fa ne è uscita un’edizione digitale. In quella occasione li ho riletti e mi sono accorta che avevo dimenticato molte storie che avevo inserito nelle trame. La risposta quindi è sì al 100%: ho scritto perché così avrei avuto dove riversare le storie di famiglia, perché io non dimenticassi e perché i miei figli avessero qualcosa da ricordare. I miei figli mi hanno detto, ‘il tuo è un passato drammatico’, ma, quando lo vivi, per te non è drammatico, è la vita.

Alina a Roma, con i cugino Igor a cui il libro è dedicato

Quello che mi è piaciuto più di tutto, quello che ho apprezzato di più, è stato che tutti gli uomini, più ancora delle donne, hanno i lati buoni e quelli cattivi. Ma noi apprezziamo soprattutto quelli buoni di Adam, di Edward e di Boris. Come ci è riuscita?

    Grazie per averlo osservato, perché ho cercato di farlo. Credo che la maggior parte delle persone non siano cattive, ma che le qualità possano essere buone o cattive secondo la situazione in cui le persone si trovano. Può darsi che Boris sia noioso e prevedibile e razionale, ma in certe situazioni essere sistematico, noioso e seguire le regole è quello che ci vuole, è quello di cui hai bisogno.


Prendiamo Dima, il primo amore di Nataša. Dima è un manipolatore, ma volevo rendere chiaro che Dima non è solo parole, volevo fargli mostrare che, anche se non è bravo nei rapporti personali, però è andato in prigione per quello in cui credeva. Anche nella storia di Zoe- Alex è ambizioso, intelligente, ma non è adatto per un rapporto uno-a-uno. Gideon è il suo opposto, Gideon non è ambizioso, ma nella vita ti trovi ad avere bisogno di una persona come è Gideon che è diventato mio marito.

Un’altra riflessione che ho fatto sugli uomini: sembra che siano loro quelli capaci di vero amore generoso.

    Sono d’accordo. Per giustificare le donne, bisogna dire che Daria e Nataša devono pensare alla sopravvivenza e non hanno possibilità di lasciar espandere il loro amore. C’è troppo di altro da fare per loro.

 


Per ultimo Le dico che sono curiosa di leggere i suoi thriller ambientati nel mondo del pattinaggio: come sono nati?

Mi piace leggere di tutto. Ero ricercatrice e scrittrice per una rete televisiva. A proposito, ero proprio a Milano per il Campionato Europeo di pattinaggio su ghiaccio. Quella di scrivere dei thriller ambientati nel mondo del pattinaggio è stata un’idea della mia editor. Era un mondo che conoscevo e tutti i misteri da risolvere in quei libri derivano da situazioni vere che mi erano capitate. Sì. C’è un personaggio ricorrente che è ricercatrice e scrittrice- come me- e ogni volta che va ad una competizione, c’è un mistero da risolvere.

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