martedì 4 agosto 2020

Barbara Bellomo, “Il libro dei sette sigilli” ed. 2020

Casa Nostra. Qui Italia
cento sfumature di giallo

                                      Barbara Bellomo, "Il libro dei sette sigilli"
                                     
Ed. Salani, pagg. 265, Euro 16,90

 

     Nell’anno 1191 una bambina, in fuga con lo zio dai crociati, arriva nei pressi della rocca di Masada e, cercando rifugio in una grotta, trova un’anfora in cui è nascosto un libro di ferro le cui pagine sono chiuse da sette sigilli.

     I nostri tempi. La scrittrice Margherita Mori ha appena pubblicato un libro d’avventura intitolato “Il libro delle profezie” ed ha iniziato un giro di presentazioni. Nel romanzo, basato su ricerche da lei fatte nelle biblioteche meno accessibili, si parla di un libro profetico ricercato da molti come fosse il Graal, un libro antichissimo con pagine di ferro e parole incise in una lingua strana, mai vista. Si dice che ogni pagina contenga una profezia e, se qualcuno rompe il sigillo che ne assicura la chiusura, terribili sciagure affliggeranno l’umanità, una peggiore dell’altra. È un libro frutto di invenzione con un aggancio ad un favoleggiato testo ritrovato nel deserto, come i rotoli di Qumran. Oppure, senza neppure esserne consapevole, Margherita ha messo nel romanzo qualcosa di rivelatore per ‘chi sa’, qualcosa che lascia pensare che lei sappia di più di quanto scriva? Perché il padre gesuita Costarelli, che ha presentato il suo romanzo ad un pubblico di lettori, chiede di parlarle in privato e, un giorno dopo l’incontro, muore piuttosto misteriosamente.

     Inizia così, dentro il primo romanzo scritto da Margherita, un altro romanzo di avventura le cui pagine, in capitoli più brevi che si alternano con quelli de “Il libro dei sette sigilli”, raccontano la storia disperata della resistenza al dominio romano da parte dei ribelli abitanti della Palestina, di come sia stato trovato e nascosto il libro di ferro, di come solo una donna fosse in grado di decifrarlo e come si fossero avverate le profezie catastrofiche delle prime pagine aperte.

Non si capirebbe il romanzo dell’avventura vissuta da Margherita se non si prendesse in considerazione, però, un’altra storia di avventura, quella del libro stesso di cui si sta parlando, passato di mano in mano, di paese in paese, ricercato dai gesuiti e da un misterioso Ordine della Rivelazione composto da membri che vengono rimpiazzati ogni volta che ne muore uno. Perché si vuole scatenare la fine apocalittica del mondo? Sono le forze del Bene e del Male che si contendono il libro? Di certo quelle del Male sembrano le più forti nella concatenazione di eventi che vedono scomparire, una dopo l’altra, le persone che hanno avuto a che fare con Margherita. Pare che a lei, invece, venga mandato un avvertimento. Forse pensano di farsi guidare da lei per arrivare al libro. Forse pensano che lei sia, comunque, l’unica in grado di capire quanto c’è scritto. Tra fughe, cambiamenti di abitazione nonché di aspetto fisico e abbigliamento, protetta da due ‘angeli custodi’ della polizia- Erika Cipriani, brusca eroina reduce dall’Iraq, e Landi, l’ombroso capitano con un passato macchiato che sembra innamorarsi di lei- Margherita riesce a scampare a più di un agguato pur continuando a inseguire il suo Graal. Il finale che capovolge tutto arriva senza grosse sorprese anche se tiene il lettore con il fiato sospeso.

      Con una trama che, pur essendo trascinante, echeggia romanzi già letti, il romanzo punta sui tre personaggi principali, quello della scrittrice affetta da ipermnesia, un disturbo o una qualità per cui ricorda tutto (impossibile non pensare che anche Isabella, protagonista dei libri precedenti di Barbara Bellomo, aveva una pecca singolare- era cleptomane), e quelli dei due poliziotti, senza peraltro renderli memorabili.

    Una lettura piacevole per l’estate, che ci lasceremo presto alle spalle come l’estate.

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Mi scuso per la grafica: è stata cambiata l'interfaccia e non ho ancora imparato a gestirla.



       


1 commento:

  1. Solo un appunto: all'epoca della resistenza di Masada quella terra si chiamava Giudea: il nome Palestina è stato inventato nel II secolo d.C., dopo la sconfitta dell'ultimo tentativo di ribellione, da parte di Simon Bar Kochba.

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