mercoledì 25 settembre 2019

Sean Michaels, “L’eco delle balene” ed. 2019


                                                           Voci da mondi diversi. Canada
                                                                  biografia romanzata


Sean Michaels, “L’eco delle balene”
Ed. Keller, trad. G. Tonoli, pagg. 432, Euro 18,50

       La vita è piena di coincidenze. Ero in vacanza in una città del Sud. Un musicante da strada suonava uno strumento strano. C’era gente intorno a lui, non sono riuscita a vedere bene. Ho letto però il cartello, ‘theremin’. Due giorni dopo ho preso in mano il romanzo dello scrittore canadese Sean Michaels e mi sono bloccata per lo stupore alle prime righe: Ero Leon Termen prima di diventare il dottor Theremin, e prima di Leon ero Lev Sergeevic. Lo strumento ora noto come theremin avrebbe anche potuto chiamarsi Leon, Leva o Sergeevic. Incredibile. Il romanzo che avevo preso per caso in mano mi avrebbe parlato dello strumento che avevo intravisto. Ho desiderato essermi fermata, essermi fatta largo tra gli spettatori.
     Leon Termen era uno scienziato e un inventore. Era nato a san Pietroburgo nel 1896 e morì a Mosca nel 1993. Ebbe una lunga vita, costellata di successi, invenzioni, avventure non sempre piacevoli. Visse in America dal 1928 al 1938. Le circostanze del suo ritorno in Unione Sovietica sono poco chiare- di certo le autorità mai avrebbero rivelato che era stato prelevato a forza e riportato in patria prigioniero su una nave. Nel 1939 fu arrestato e rinchiuso nel carcere della Butyrka, condannato a otto anni di lavoro forzato e mandato nella famigerata Kolyma. Da cui riuscì a tornare vivo con una riduzione della pena, grazie ai suoi innovativi suggerimenti per velocizzare il lavoro. Non era libero, ma fu trasferito in un laboratorio di ricerca in un campo di prigionia dove le condizioni di vita erano migliori.

      Questa la sua vita in breve, ma c’è molto altro da scoprire nell’appassionante libro di Sean Michaels che inizia come una sorta di lettera, scritta sulla nave che lo riporta in Unione Sovietica, di Leon alla donna che amò tutta la vita, Clara, la violinista lituana che diventò la più splendida suonatrice di theremin e che respinse la sua proposta di matrimonio per sposare un avvocato. Avanti e indietro nel tempo, i ricordi della giovinezza a san Pietroburgo, l’incontro con Lenin e poi la straordinaria esperienza americana dove cercò di diffondere lo strumento musicale che non aveva bisogno di essere toccato per suonare, e le altre invenzioni di sistemi automizzati- porte ad apertura automatica, sistemi di allarme, dispositivi di sicurezza. Il tutto con leggerezza- Leon è lo scienziato che non si preoccupa di finanziamenti, di soldi, di debiti. A questo pensa l’uomo che è per lui una sorta di manager e di guardia del corpo, o forse è una persona messagli accanto per sorvegliarlo. Perché non si sfugge all’occhio del Grande Fratello. Leon sembra non accorgersi neppure della Depressione dopo il crollo della borsa, c’è la musica, ci sono gli amici musicisti famosi, le sera passate negli speak-easy nonostante il proibizionismo. C’è l’amore per Clara. E quando lei non lo vuole, la ballerina di colore che lui sposa.

     Il contrasto tra questa vita e quella che Leon ricostruisce con le parole davanti ai nostri occhi, dell’imprigionamento, dell’allucinante viaggio in treno fino alla Kolyma e dell’inferno dei giorni laggiù, è a dir poco brutale. Finché viene riportato a Mosca. Il suo contributo ai sistemi di spionaggio (la cimice invisibile inserita nello stemma americano offerto in regalo dagli scolari russi all’ambasciatore americano) fu invalutabile.
     Che idea ci facciamo di Leon Termen? Era uno scienziato prima di tutto. Un uomo geniale capace di trovare soluzioni inventive anche per risolvere problemi quotidiani. Un uomo che ha cercato di mantenere la sua dignità anche se ha dovuto piegarsi- poteva anche non piacergli quello che gli veniva ordinato di fare o l’applicazione delle sue invenzioni, ma si trattava di servire l’Unione Sovietica, e ne andava della sua vita. E oggi ricordiamo ancora Leon Termen, se un musicista suona per strada il suo strumento elettronico. Leon stesso insegnò alla pronipote Lydia Kavina a suonarlo, quando aveva solo nove anni. Se guardate il filmato su youtube, vi incantano le sue mani che sembrano volare nell’aria e la musica che sembra riempirsi di parole.
     Da leggere.

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