Voci da mondi diversi. Canada
distopia
Margaret Atwood, “I testamenti”
Ed. Ponte alle Grazie, trad. Guido
Calza, pagg. 498, Euro 18,00
“Il racconto dell’ancella” si chiudeva su un’immagine che lasciava il
lettore in sospeso: la protagonista Offred veniva fatta salire su un
furgoncino, “Se questa sia la mia fine o un nuovo inizio, non ho modo di
saperlo: mi sono messa nelle mani di estranei perché non potevo fare
altrimenti. E così salgo, nel buio che c’è dentro, oppure nella luce.” Per
trentacinque anni, da quando il raggelante romanzo distopico di Margaret Atwood
era stato pubblicato, ci siamo chiesti che cosa ci fosse in attesa, nel futuro
di Offred, e quanto potesse durare il regime dittatoriale di tipo teocratico di
Gilead. La risposta è ne “I testamenti”, pubblicato in contemporanea mondiale
il 10 di settembre in Italia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Canada.
Tre filoni, tre documentazioni o tre ‘testamenti’, si alternano nel
romanzo senza lasciare respiro: il documento scritto di pugno da Zia Lydia (che
già abbiamo conosciuto ne “Il racconto dell’ancella”, ora invecchiata) e da lei
nascosto in uno spazio ritagliato in uno dei libri proibiti, l’ “Apologia Pro
Vita Sua” del Cardinale Newman (è una sorta di apologia della vita della stessa
zia Lydia, quella che sta scrivendo?), la Trascrizione della Testimonianza 369
A e la Trascrizione della Testimonianza 369 B. Sono due ragazze a parlare nelle
due testimonianze, mi avete chiesto come
è stato crescere a Gilead, è l’inizio di Agnes, e, mi avete chiesto di raccontare del mio coinvolgimento in tutta questa
storia, è quello di Daisy che cambierà nome più di una volta. E, se quello
che scrive zia Lydia ricostruisce per noi l’origine di Gilead, le due ragazze
ci parlano di un presente in cui il regime di Gilead è dato per scontato e di
come, però, stia prendendo forze un movimento di opposizione in Canada, oltre
quel confine verso cui molte donne fuggono seguendo un percorso a tappe, con
diversi punti di appoggio, del tutto simile alla Ferrovia Sotterranea con cui
gli schiavi degli Stati del Sud cercavano rifugio al Nord.
immagine dalla nuova serie televisiva de "Il racconto dell'ancella" |
La storia di zia Lydia è, per molti versi, una storia parallela a quella
di Offred ne “Il racconto dell’ancella”: una donna strappata al marito e alla
figlia per diventare un’Ancella dall’abito rosso, una ‘fattrice’ di bambini,
nel primo romanzo, e qui una donna con una carriera di giudice che, con altre
donne sue colleghe, si vede privare di carta di credito e di qualunque
autonomia per essere rinchiusa dapprima in uno stadio in condizioni intese a
spezzare la volontà di resistenza (e ci viene in mente il rastrellamento degli
ebrei a Parigi, portati nel Velodromo), e poi forzata ad accettare la posizione
di ‘zia’, di guida-carceriera in questa società in cui alle donne, fatta
eccezione per le ‘zie’, è precluso lo studio- da sempre mantenere le masse
nell’ignoranza è il più efficace strumento per impedire ribellioni.
All’inizio della loro testimonianza Agnes e Daisy sono poco più che
bambine, cresciute in due ambienti diversi, Gilead e il Canada. Intuiamo da
subito- e lo intuiscono presto anche loro- che ci sono dei segreti che le
circondano. Si sa che molto spesso i bambini non sono figli naturali dei
genitori con cui crescono, ma nel loro caso c’è qualcos’altro. L’esempio più
famoso della conseguenza delle maternità forzate, a Gilead, è quello di Baby
Nicole: la bambina che la madre aveva rifiutato di ‘consegnare’, una figlia
dell’amore (peccato terribile a Gilead) che era stata rapita e ‘forse’ portata
in Canada.
Margaret Atwood è Margaret
Atwood. Una grande scrittrice. Ne “Il racconto dell’ancella” il mondo di Gilead
era colorato di rosso, il rosso del sangue, il rosso degli abiti delle ancelle
procreatrici. In questo romanzo, così ricco di dettagli visivi, così cattivo
nella descrizione delle figure maschili- uomini anziani e lussuriosi che
cercano carne fresca per le loro voglie avvallate dalle leggi-, il verde e il
bianco argento sono i colori dominanti. Il verde delle ragazze in attesa di
sposarsi e vestirsi di blu in quanto Mogli, e il bianco argento delle ragazze
Perla inviate missionarie all’estero per reclutare nuovi adepti. Le ragazze che
arrivano a tentare il suicidio per evitare un matrimonio forzato e le ragazze
votate alla castità che diventeranno ‘zie’ e avranno accesso ai libri per
prepararsi al loro ruolo di guide.
Non posso dire altro perché rovinerei la lettura: se manca l’impatto
fortissimo della novità della distopia al femminile che era stato la forza del
libro precedente- una denuncia profetica- la scrittrice prende però a prestito
dal genere ‘thriller’ l’elemento della suspense che trasforma il romanzo in un
page-turner che si legge di un fiato. E non si resta delusi. In che direzione
stiamo andando?
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la recensione sarà pubblicata anche su www.stradanove.it
la recensione de "Il racconto dell'ancella" è nei post del 2017
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