martedì 2 aprile 2019

Majgull Axelsson, “La tua vita e la mia” ed. 2019


                                                        vento del Nord


Majgull Axelsson, “La tua vita e la mia”
Ed. Iperborea, trad. Laura Cangemi, pagg. 343, Euro 18,50

       Una famiglia disfunzionale. E’ così che l’amica Kajsa definisce la famiglia di Mägrit. Kajsa che finirà per sposare Jonas, il gemello di Mägrit, che ha una famiglia che non è neppure disfunzionale, semplicemente non esiste, visto che non si sa chi sia suo padre e sua madre entra ed esce dall’ospedale psichiatrico. Mägrit, invece, vive con i genitori, i nonni e i due fratelli. Ma. Il fratello maggiore è chiamato con scherno ‘Lars lo Zoppo’ (non era zoppo per niente), lo Svitato, lo Sgorbio- oggi sarebbe riconosciuto come autistico. Perfino i nonni si rivolgono a lui con pesante disprezzo. D’altra parte la nonna ha occhi solo per Jonas, Mägrit è la preferita del padre, solo la mamma ha a cuore la sorte del figlio infelice, ha tempo solo per lui, per gestire le sue urla che esprimono necessità che soltanto lei capisce. Il nonno, infine, è un bifolco spadroneggiante che non è capace di infilare tre parole senza che una sia un’imprecazione. Quando la mamma muore all’improvviso per un aneurisma, è la fine. Come si fa a far capire a Lars che la mamma non c’è più? il nonno è capace solamente di chiudere il nipote nel gabinetto. Finché viene portato via a forza. Dove? Nessuno parla più di lui in casa, vietato fare il suo nome. La vita va avanti come se Lars non fosse mai esistito.

      Dopo “Io non mi chiamo Miriam” in cui la protagonista di etnia rom aveva vissuto con un’altra identità dopo essere sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti, Majgull Axelsson ci regala un altro bellissimo romanzo con personaggi indimenticabili, affrontando un problema di cui si preferisce non parlare, scoperchiando i segreti neri della società svedese ritenuta una utopistica società di uguaglianza e benessere generalizzato. E invece, negli anni ‘60 esistevano ancora posti come Vipeholm (vogliamo chiamarli manicomi?) dove gli internati, persone con disturbi della personalità di vario livello, erano trattati con metodi coercitivi e disumani, su di loro venivano fatti esperimenti medici di gravità solo di poco inferiore a quelli tristemente noti dei nazisti, e i loro cadaveri, infine, offrivano materiale per le prove di dissezionamento degli studenti di medicina. Chi mai avrebbe protestato per conto loro? Questo è il nodo centrale del libro, la denuncia dolorosa che sottende il testo narrativo in cui Mägrit, ex giornalista di successo, vedova, con una figlia e una nipotina, ritorna a casa, a Norrköping, per festeggiare il settantesimo compleanno suo e del gemello Jonas. In realtà i gemelli erano tre, c’era anche l’Altra, nata con il cordone ombelicale attorno al collo e morta subito. Colpa di Jonas, prepotente prima di nascere, prepotente e crudele dopo. Mentre l’Altra diventa un singolare espediente narrativo per sdoppiare Mägrit- dell’Altra è la seconda voce che ironizza, controbatte, ricorda quando Mägrit vorrebbe sottrarsi ai ricordi, accusa, costringe Mägrit ad essere onesta con se stessa quando Mägrit vorrebbe accusare l’Altra per azioni commesse, per la Grande Colpa di cui condivide il segreto con Kajsa e di cui non hanno mai parlato. E neppure ne parleranno ora dopo cinquantun anni.

     “Sono una giovane persona anziana che non diventerà una vecchia persona anziana prima di altri dieci anni”, dice Mägrit di se stessa, mentre il tempo si alterna tra passato e presente, quale esperienza traumatizzante l’abbia fatta rinunciare agli studi di medicina e, prima ancora, la morte della mamma, la festa del diploma e quello che era successo subito dopo (con un Jonas che aveva assistito impassibile), la ricerca di Lars, lo sconvolgimento provato quando lo aveva trovato e quello ancora maggiore quando si era resa conto che le sue condizioni non interessavano a nessuno in famiglia, neppure a quel debole di suo padre che ormai viveva compiangendosi nel ricordo della moglie. Oggi, quando Mägrit, mentre sta andando a Norrköping per la festa di compleanno, scende dal treno a Lund e si fa portare  a Vipeholm, tutto è cambiato, c’è una scuola dove una volta c’era il manicomio, una fossa comune per i disgraziati che sono morti. Il passato è stato cancellato.
      Un libro doloroso che ci tocca nel profondo, perché quel passato è ancora nel presente che viviamo, forse non nelle stesse forme crude ma nella discriminazione attuata verso chi è ‘diverso’, nella mancanza di comprensione verso chi elabora i dati della realtà in modo differente, nella chiusura sociale nei confronti di chi ha bisogno di aiuto.
Da leggere.

Leggere a Lume di Candela è anche una pagina Facebook




Nessun commento:

Posta un commento