domenica 7 aprile 2019

Julian Barnes, “Guardando il sole” ed. 2019


                                   Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda



Julian Barnes, “Guardando il sole”
Ed. Einaudi, trad. D. Fargione, pagg. 232, Euro 19,50

        Non è il protagonista, il pilota di aerei Thomas Prosser che appare nelle prime pagine del libro di Julian Barnes “Guardando il sole”, pubblicato per la prima volta nel 1986. E tuttavia riapparirà più volte nei ricordi di Jean Serjeant, la vera protagonista del libro che aveva conosciuto Prosser nel 1941, quando questi era stato ospite in casa loro, congedato dall’esercito. Il suo soprannome era Alba Due Prosser- e perché lo chiamassero così è uno dei fili conduttori del libro. Di ritorno da una missione notturna Prosser aveva visto il sole sorgere dal mare e poi, scendendo a quota 8000 metri, aveva visto una seconda alba, lo stesso sole sorgere una seconda volta. Ecco, può succedere anche questo, la perfezione si può ripetere, la magia può entrare nelle nostre vite anche con qualcosa che accade ogni giorno. Basta guardare in alto e semmai sbirciare il sole tra le dita.
     Dal 1941, quando Jean è giovane, con dei flash back di lei bambina insieme allo zio mattacchione Leslie, ad un futuro in cui Jean è centenaria e abita insieme al figlio, seguiamo la sua vita, un’esistenza del tutto normale di una persona normale, quasi scialba, che però è curiosa e non cessa mai di farsi domande. Da quelle più assurde, come- che ne è stato dei panini che Lindbergh non ha mangiato durante il volo transatlantico?, esiste un museo del panino?, oppure, perché i visoni lottano strenuamente contro la morte?-, ad altre che riguardano la sua vita di donna (‘e se fossi tu, ad essere difettoso?’, chiede al marito) e poi, con il passare degli anni, le domande diventano esistenziali, sulla morte, sull’aldilà, sull’esistenza di Dio. Non ci sono risposte- la vita è così, enigmatica, e però è importante continuare a chiedersi i perché, anche se nessuna risposta ci viene data.

     Jean non è bella, è ingenua, ignora tutto del sesso di cui cerca di imparare i segreti leggendo un manuale che le viene regalato e che la lascia perfino più perplessa con le sue buffe circonlocuzioni. Si sposa con il primo uomo che la corteggia e che lei pensa di amare (che cosa è l’amore?), i suoi goffi tentativi di inserirsi un diaframma ci fanno sorridere con una stretta al cuore e, quando il marito le attribuisce la colpa per un figlio che non arriva, la misura è colma. Il matrimonio infelice di Jean dura vent’anni. E poi questa donna ‘senza qualità’ decide che ne ha avuto abbastanza. Lascia il marito e crescerò da sola il bambino arrivato quando ormai sembrava impossibile.
      Ci piace la scansione della vita di Jean nel romanzo di Julian Barnes- la fanciullezza e l’adorazione per uno zio che si rivela un bluff, il matrimonio (grandi speranze e delusione), gli anni centrali della lotta per tirare su un figlio come madre single, la maturità con lo spalancarsi delle porte dei viaggi alla scoperta delle sette meraviglie del mondo (e ad altre domande senza risposta) e il ventilarsi della possibilità di un amore diverso, con una donna, ed infine la vecchiaia con una completa lucidità (per sua fortuna). Curiosa, questa parte finale (anche se un poco appesantita dalla ricerca delle prove dell’esistenza di Dio) in cui si anticipa la presenza di un Uomo Memoria (il moderno computer) a cui si possono rivolgere tutte le domande. Che però restano spesso, ugualmente, senza risposta.

      “Guardando il sole” non raggiunge la perfezione dei romanzi più recenti di Julian Barnes, dello splendido “Il senso di una fine” o dell’altrettanto splendido “Il rumore del tempo”, e tuttavia è un libro che si legge d’un fiato perché Jean (interessante che sia la ‘creatura’ di uno scrittore uomo) ci fa tenerezza con le sue incertezze e la sua scarsa fiducia in se stessa, ci piace per la sua pacata combattività in una società ancora molto maschilista, per come riesce ad affermarsi ‘crescendo’ in tutti i sensi.

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