Voci da mondi diversi. Corea
biografia romanzata
Kyung-Sook Shin, “La danzatrice di
Seul”
Ed. Piemme,
trad. V. Februari, pagg. 422, Euro 16,15
1891, Yi Jin ha ventun anni. Sta salpando dalla Corea diretta in Francia.
L’emissario francese a Seul, Victor Collin de Plancy, ha avuto l’ardire inaudito
di dichiarare al re che è innamorato di lei, dama e danzatrice di corte, che
intende portarla con sé a Parigi e sposarla. E nonostante gli ostacoli,
nonostante che la legge coreana stabilisca che una dama di corte non possa né
sposarsi né abbandonare la corte dove era stata ammessa (e Jin aveva solo
cinque anni all’epoca- era diventata quasi una figlia per la regina, a
sostituire la sua bimba che era morta piccolissima), il re aveva acconsentito a
quel matrimonio. Anzi, aveva dato a Jin il suo proprio cognome per tutelarla,
perché forse non si fidava che il francese avrebbe mantenuto le sue promesse.
E così Jin parte. E’ la prima donna coreana ad andare così lontano. La
regina, una donna dal polso di ferro, curiosa e colta, la invidia. E’ stata lei
a manovrare perché Jin partisse, per allontanarla dagli occhi predatori del re.
Le chiede di scriverle, di raccontarle di quel mondo che lei, reclusa nella sua
prigione dorata, non vedrà mai.
“La danzatrice di Seul”, della scrittrice coreana Kyung-Sook Shin (prima
coreana e prima donna a vincere il Man Asian Literary Prize nel 2012 con il
romanzo “Prenditi cura di lei”), è diviso in tre parti. Dapprima l’infanzia di
Jin, l’amicizia fraterna con il bambino muto che suonava il flauto, l’incontro
con padre Blanc che le insegnerà le prime parole di francese, l’ingresso a
corte: Jin è bellissima, impara qualunque cosa in fretta, il suo corpo si muove
flessuoso con la musica. Diventa la migliore danzatrice di corte. L’emissario
francese Victor ricorderà per sempre la prima volta in cui l’aveva vista, sul
ponte del Fiume di Seta. Nella seconda parte Jin è a Parigi. Non indossa più
gli abiti coreani. Se non fosse per i suoi tratti esotici (chi la incontra
pensa che sia cinese, o giapponese, nessuno ha mai sentito parlare della Corea),
potrebbe essere un’elegante ragazza francese. Conosce Maupassant che la prende
in simpatia, aiuta l’unico altro coreano presente a Parigi a tradurre in
francese un libro coreano (quest’uomo sarà la causa della sua rovina. E non
solo sua). Nella terza parte, infine, Victor riaccompagna Jin a Seul, sperando
che guarisca dal sonnambulismo che l’ha afflitta. E a Seul si dipanerà la
tragedia finale. Della monarchia, della regina, di Jin. E’ il 1895.
Nella nota finale l’autrice ci dice come è nato questo libro- da un
libro sulla dinastia Joseon pubblicato in Francia più di un secolo fa.
Conteneva un accenno al primo diplomatico francese in Corea che si era
innamorato di una danzatrice di corte ed era tornato a Parigi con lei.
Pochissimo veniva detto di Yi Jin e niente del tutto riuscì a trovare
Kyung-Sook Shin su di lei, nonostante le ricerche. Ma non è questo il ruolo
dello scrittore? Riportare in vita personaggi che la Storia ha inghiottito? Non
è questo il potere e la magia della scrittura? Inventare, immaginare, creare e
rendere credibile un personaggio? Kyung-Sook Shin precisa che il suo non è un
romanzo storico, che non aveva intenzione di essere precisa come è tenuto a
fare uno storico.
E la sua Jin, eterea come una farfalla, ci incanta. Perché
questo non è solo un romanzo d’amore romantico che supera ogni barriera. Perché
l’amore romantico finisce, perché la realtà è che Jin non riuscirà a superare
la sensazione di essere un’estranea per quanto bene accolta, non potrà non
sentirsi ferita quando si accorge del tenace spirito colonialista di Victor che
sostiene che è giusto che opere d’arte come la Venere di Milo o la Vittoria di
Samotracia siano al Louvre piuttosto che nei paesi a cui appartengono di
diritto- che fine avrebbero fatto, se i francesi invasori non le avessero
portate via? Anche lei, Jin, è come una ceramica Celadon da mettere in mostra?
Chi è lei? Qual è il suo posto nel mondo?
Oriente e Occidente non sono mai stati così distanti come nel romanzo di
Kyung-Sook Shin dove l’affascinante atmosfera esotica si unisce ad
un’interessantissima ambientazione storica negli anni in cui la Corea era
contesa da Giappone e Cina e cercava alleanze in Europa.
la recensione sarà pubblicata su www.stradanove.it
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