lunedì 11 febbraio 2019

Uwe Timm, “Un mondo migliore” ed. 2019


                                                Voci da mondi diversi. Area germanica
         biografia romanzata
         seconda guerra mondiale


Uwe Timm, “Un mondo migliore”
Ed. Sellerio, trad. M. Galli, pagg. 509

   Come hanno fatto con tutti quei loro eroi, di cui vanno tanto fieri, con tutti i vari Goethe, Kant, Schiller, Lessing…com’è stato possibile arrivare a questi misfatti?

E’ la domanda che sottintende tutta la doppia narrativa di “Un mondo migliore”, il romanzo appena pubblicato dello scrittor tedesco Uwe Timm. Una domanda a cui è collegata, come una postilla, quell’altra, che giustifica l’intero libro- come è arrivato lo scienziato Alfred Ploetz (1860-1940) dall’esaltante utopia comunitaria, dal sogno condiviso con il francese Cabet, fondatore delle comuni “icariane”, a teorizzare l’igiene della razza che diventerà uno dei progetti aberranti del nazismo?
Alfred Ploetz
E, forse, c’è anche un ulteriore motivo personale che spiega l’interesse di Uwe Timm nei confronti di Alfred Ploetz- era il nonno di sua moglie. E forse c’è qualcosa di lui stesso nel terzo personaggio del romanzo, nel militare americano nato da genitori tedeschi che arriva in Germania nel 1945 sul finire della guerra con il compito di interrogare Karl Wagner, amico del defunto Ploetz. Perché Michael Hansen è il testimone esterno, abbastanza americano da inorridire davanti all’abisso di malvagità che si spalanca davanti a lui, abbastanza tedesco da domandarsi con onestà (è un libro ricco di domande, questo) come si sarebbe comportato lui, se fosse diventato adulto in Germania e non fosse emigrato quando aveva dodici anni, al seguito di un’offerta di lavoro che suo padre aveva ricevuto in America. Avrebbe obbedito anche lui, cresciuto con il mito di ‘servire e obbedire’, sarebbe stato anche lui una vittima come si proclamano adesso tutti tedeschi, tutti ignari di quello che stava succedendo attorno a loro, tutti che avevano obbedito?
     L’anziano Karl Wagner, che era stato internato a Dachau per aver mantenuto fede alle idee politiche da cui invece il suo amico si era discostato, che aveva passato la guerra nascosto nel seminterrato di una libreria a Monaco di Baviera, accetta di parlare con Michael Hansen e racconta. Dall’inizio, dal nascere della sua amicizia con Ploetz, dagli ideali di solidarismo che li avevano portati in America dove erano state fondate le comuni icariane. E’ un lungo romanzo di formazione dentro il romanzo, il racconto di Wagner. Amori giovanili, il primo matrimonio di Ploetz (la moglie si suicidò), il colpo di fulmine di Ploetz per ‘la greca’, donna bellissima e ricchissima che Ploetz ‘soffiò’ all’amico Wagner, le lunghe discussioni sull’igiene della razza, le teorie opposte di un altro dottore che difendeva, invece, non solo il diritto di esistere dei meno fortunati, ma la loro importanza e il loro ruolo: Loro sono gli angeli del dolore che ci insegnano che cosa è la felicità, aggiungendo alla gioia del nostro successo un senso di lutto e la loro profonda, profonda sventura.

     Tra un incontro e l’altro di Hansen con Wagner, noi impariamo a conoscere Hansen che, nonostante il divieto di fraternizzare, ha una storia d’amore con una giovane vedova tedesca che cerca il suo tornaconto con lui, ricorda con nostalgia un fugace incontro con una tal Catherine prima di partire per l’Europa, fa allegramente sesso con una ragazza dell’esercito americano. E si gode il paesaggio, stupefacentemente bello, proprio come lo descrivevano i suoi genitori. Vuole godersi il paesaggio per dimenticare gli orrori, per non pensare alle montagne di cadaveri, per non vedere i cumuli di macerie dappertutto. Verso la fine del libro Hansen incontra il ragazzino ‘diverso’ che era uscito in strada salutando la fine della guerra all’inizio del libro- i genitori lo avevano tenuto nascosto per dodici anni. Uno, uno che era scampato. I più erano stati tolti di mezzo perché- a che cosa serviva la loro vita?

    Quello di Uwe Timm è un romanzo sobriamente drammatico, un altro tassello nella storia della Germania, dell’Europa, della scienza. Un poco troppo lungo e troppo ricco di digressioni il racconto di Karl Wagner (ma non sono sempre così, i racconti degli anziani che vogliono salvare anche il minimo frammento di memoria?), del tutto diversa, godibile e giustamente più lieve la narrativa di Michael Hansen.

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