martedì 5 febbraio 2019

Katarzyna Bonda, “Nessuna morte è perfetta” ed. 2018


                                                       Voci da mondi diversi. Polonia
                                                           cento sfumature di giallo

Katarzyna Bonda, “Nessuna morte è perfetta”
Ed. Piemme, trad. Da Soller e Rescio, pagg. 727, Euro 16,91

    “Non so cosa ti aspettavi. Siamo a Est. Ora questa è Polonia, ma siamo ai margini dello stato. Sui confini i politici hanno sempre litigato, ma è stata la popolazione del luogo a soffrirne. Parlo dei locali, gli abitanti delle zone di confine. Alcuni chiamano questo territorio “Piccola Bielorussia”. Siamo sempre stati più vicini alla Russia che alle terre occidentali”.
      Siamo a Hainówka, all’estremità orientale della Polonia. Un tempo era Bielorussia. Gli abitanti sono in parte bielorussi e in parte polacchi. In apparenza coabitano pacificamente ma la Storia è difficile da dimenticare. “Qui la gente dopo anni di tempeste storiche ha imparato a tacere ad alta voce.” Quando la profiler dai capelli rossi Sasza Załuska arriva Hainówka, non immagina neppure che cosa dovrà affrontare, a che prezzo riuscirà ad incontrare l’uomo per cui è venuta, proprio il presunto criminale a cui anni addietro avrebbe dovuto dare la caccia e di cui invece si era innamorata. Apprende subito che l’uomo non è più un ospite della clinica per disturbi mentali dove si trovava fino a poco prima- è stato giudicato perfettamente guarito e ‘normale’, anche se Sasza neppure riesce a parlare con il direttore che si è assentato per la festa di matrimonio di un amico.
    Da questo punto in poi il romanzo di Katarzyna Bonda procede ad un ritmo vertiginoso e su diversi piani temporali. Nel presente una sposa fugge subito dopo le nozze. Il marito è il padrone della segheria che dà lavoro a buona parte degli abitanti della cittadina, è anziano, due precedenti mogli sono scomparse- sembra di leggere la storia di Barbablu. In uno dei flashback apprendiamo del suo passato, di che cosa gli sia successo nel 1977 che ha reso la sua vita un dramma senza fine. Una donna scompare e compaiono invece dei crani di vecchi scheletri. L’area che circonda Hajnówka è una foresta, il luogo ideale per seppellire corpi che non devono essere ritrovati.
E devono essercene molti. Subito dopo la fine della guerra, nel 1946, un intero paese era stato dato alle fiamme. Lo avevano incendiato i soldati polacchi perché gli abitanti erano ortodossi ed essere ortodossi significava essere bielorussi. Il paese si chiamava Załuski, proprio come Sasza- non è che, per caso, la sua famiglia era originaria di qui? E uno dei soldati ‘maledetti’, il comandante della compagnia, si chiamava Bury ed ora è una sorta di eroe nazionale. Questa è una storia su cui si è stesa una coltre di silenzio, anche se tutti sapevano e la gente si recava a pregare sui luoghi delle sepolture. Soltanto nel 1995 si è iniziato a parlarne e ad esumare i corpi per trasportarli nel cimitero militare di Bielsk.

       C’è molta violenza nel romanzo di Katarzyna Bonda. Un tipo di violenza che ho raramente trovato nei polizieschi. Una violenza quotidiana alimentata da fiumi di alcol, una mancanza di senso etico nonostante una religiosità di facciata che non può che sfociare in violenza, una inimicizia profonda che ha ragioni storiche e che inevitabilmente conduce ad azioni e rappresaglie violente. Sono tanti i fili da tirare in questo romanzo, tanti gli interrogativi- che fine hanno fatto le precedenti mogli di Bondaruk (il rispettato padrone della segheria), chi ha assalito la sposa in fuga e malmenato Sasza Załuska, chi fa recapitare i teschi e perché, dove è finito l’ex compagno di Sasza. Il finale è da un lato raccapricciante e dall’altro ci fa stare con il fiato sospeso- le ultime righe, poi, non sono proprio quelle che avremmo voluto.
     L’ambientazione storica del libro è di grande interesse- sappiamo così poco al di fuori dei nostri orizzonti più vicini-, meno apprezzabile è, invece, la svolta vampiresca che prende la trama negli ultimi capitoli.

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