lunedì 27 agosto 2018

Kamila Shamsie, “Ombre bruciate” ed. 2010


                                Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
                                                    la Storia nel romanzo
                                                    il libro ritrovato

Kamila Shamsie, “Ombre bruciate”
Ed. Ponte alle Grazie, trad. Guido Calza, pagg. 386, Euro 18,60

Titolo originale: Burnt Shadows

Hiroko esce in veranda. Dal collo in giù il suo corpo è una colonna di seta bianca, con tre gru nere che si slanciano da una parte all’altra della schiena. Guarda le montagne e tutto le sembra più bello rispetto a com’era di prima mattina. Nagasaki le sembra bellissima. Volta il capo e vede le guglie della cattedrale di Urakami; anche Konrad la sta guardando, quando uno squarcio si apre tra le nuvole. La luce del sole lo attraversa, e spinge ancor più lontano le nubi.
Hiroko.
E poi il mondo diventa bianco.


   E poi il mondo diventa bianco: il 9 agosto 1945, quando gli americani sganciarono la seconda bomba su Nagasaki, del giovane tedesco Konrad Weiss rimase solo un’ombra su una roccia, quasi il negativo di una pellicola. Quella mattina la ventunenne Hiroko Tanaka aveva indossato un kimono di seta con delle gru nere dipinte sulla schiena: “schiena d’uccello”, la descriverà con amore l’indiano Sajjad Ashraf che la sposerà anni dopo. Perché la pelle ustionata della schiena di Hiroko aveva proprio la forma delle gru. Se Hiroko avesse insistito, se avesse ripetuto “Rimani” una terza e quarta volta a Konrad, che le aveva appena dichiarato il suo amore, Konrad si sarebbe salvato. Così, invece, Hiroko aveva seppellito nel cimitero la roccia su cui credeva di riconoscere l’impronta dell’amato.

      “Ombre bruciate”, il nuovo romanzo di Kamila Shamsie,  inizia a Nagasaki quella mattina in cui “il mondo era ignaro” (come dice il titolo del primo capitolo) e termina nel 2001-2002, tra l’Afghanistan e New York. C’è un prologo brevissimo, tuttavia, che torneremo a rileggere a lettura terminata. Un uomo viene portato in una cella, lo fanno spogliare, sa che gli daranno una tuta arancione. E si chiede: Come siamo arrivati a questo?
Il romanzo di Kamila Shamsie non è un romanzo a tesi, eppure quella domanda dell’uomo che non sappiamo ancora chi sia ci perseguita per tutta la lettura, contrassegnandola di indizi, come se gli eventi, uno infilato sull’altro, portassero inesorabili a quella fine.
“Ombre bruciate” è la storia di due famiglie unite dal destino, o dalle affinità- i Weiss-Burton e i Tanaka-Ashraf- e dal Giappone la scena si sposta in India e poi in Pakistan, in Afghanistan e a New York. La Storia, che spesso è la stessa cosa del Caso, ha fatto incontrare persone di nazionalità diverse, quasi in un minuscolo crogiuolo dentro quello più ampio del mondo. Perché Ilse, la sorellastra di Konrad Weiss, aveva sposato l’inglese Burton, avvocato del Raj in India e, allo scoppio del conflitto, era troppo imbarazzante per loro ospitare il nemico, anche se nelle vesti del fratello di lei. Lo avevano ‘esiliato’ a Nagasaki, nella casa di uno zio ed era stato così che Konrad aveva incontrato Hiroko.
Dopo- e ‘dopo’ per Hiroko significherà per sempre dopo la bomba, dopo che Konrad era diventato un’ombra, dopo che Hiroko non aveva riconosciuto il proprio padre, trasformatosi in un serpente squamoso che strisciava, dopo essere stata curata- Hiroko aveva fatto da interprete per gli americani, a Tokyo. Fino al giorno in cui un americano aveva detto che la seconda bomba era necessaria per evitare altre morti americane. Hiroko era partita per Delhi, con l’indirizzo della sconosciuta sorella di Konrad- sarebbero diventate amiche, lo sarebbero state per tutta la vita. Anche dopo che Hiroko avrebbe sposato l’indiano Sajjad, andando con lui a Karachi in seguito alla Spartizione. E da Hiroko e Sajjad sarebbe nato Raza, il miracolo vivente che non recava traccia di conseguenze delle radiazioni, il ragazzo che- con il suo miscuglio di tratti somatici- si sarebbe sentito estraneo in entrambi i mondi dei genitori.
Era un quadro necessario da fare, questo, perché le due famiglie sono un microcosmo in cui l’amore supera le barriere e la propensione linguistica che accomuna Konrad a Hiroko, ereditata da Raza (Voglio parole in tutte le lingue, dice Raza ad un certo punto) e dal nipote di Konrad, è lo strumento più forte per la comprensione di chi appartiene a culture diverse, è il lasciapassare per altri mondi.
      Dal fungo atomico di Nagasaki, per evitare altre morti americane, all’11 settembre a New York: dai settantacinquemila morti civili giapponesi  ai tremila deceduti nel crollo delle Torri Gemelle.
Nel mezzo, altre guerre, altre morti, altre tragedie- e nel libro leggiamo solo di quelle che toccano da vicino i personaggi: la fine dell’Impero britannico e i disordini che hanno preceduto la Spartizione con gli esilii forzati, e poi l’Afghanistan, ennesimo terreno di gioco per le superpotenze (Creiamo la desolazione e la chiamiamo pace, dice Henry, nipote di Konrad, dapprima agente della Cia e poi nel suo braccio armato), vivaio di terroristi, nodo di tutti i drammi.
      Sono passati dieci anni da “Sale e zafferano”, il primo romanzo di Kamila Shamsie. E si vede, si sente nella maturità tematica ed espressiva della scrittrice. Scrivere un romanzo così vasto come “Ombre bruciate” poteva sembrare ambizioso, c’era il rischio di rallentare la scrittura, di eccedere nel dettaglio, di perdersi nell’insignificante. Non è così. Kamila Shamsie procede per salti temporali, cogliendo l’essenziale e, nello stesso tempo, arricchendo l’ordito del romanzo con un sottotesto di riferimenti letterari che gli danno colore e spessore. C’è E.M.Forster nel suo libro: anche per “Ombre bruciate” potrebbe servire l’epigrafe “Only connect” che è così importante per i romanzi dell’inglese; la gita di Hiroko, Sajjad e i Burton al Qutb Minar ricorda quella alle Malabar Hills in “Passaggio in India”, anche se il presunto assalto sessuale che accade alle Malabar Hills, con tutto quello che ne consegue, viene spostato più avanti (e modificato, naturalmente) nel libro della Shamsie. C’è Kipling con il suo romantico rimpianto per l’India del Raj, che è lo stesso di Henry Burton che aveva imparato l’urdu da Sajjad e che chiamerà sua figlia Kim; c’è Anita Desai e c’è Kiram Desai, perché anche questo è un libro sulla perdita.
Qutb Minar- Delhi
E’ anche un libro sulla lealtà e sul tradimento, sul coraggio di cambiare quando ci si accorge che ci fa orrore quello che siamo diventati. E comprendiamo che la fine di tutto non poteva essere altrimenti. Come siamo arrivati a questo?- e la domanda non è più soltanto quella dell’uomo che ormai sappiamo chi è e sappiamo che è a Guantanamo, ma di tutti noi, dei capi di governo, delle nazioni intere.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it

a breve la recensione di "Io sono il nemico", il nuovo romanzo di Kamila Shamsie



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