vento del Nord
cento sfumature di giallo
il libro ritrovato
Roslund & Hellström, “Punizione”
Ed. Cairo, trad. Katia De Marco,
pagg. 414, Euro 18,00
La polizia di Stoccolma mette in stato di
arresto un cadavere. Proprio così. Perché John Schwarz, accusato di gravi
lesioni ad un uomo, risulta non essere affatto il cittadino canadese in
possesso di regolare permesso di soggiorno come attesta il suo passaporto. Le
sue impronte digitali corrispondono a quelle dell’americano John Meyer Frey,
condannato a morte a soli diciassette anni e giustiziato sei anni prima, dopo
dodici anni di detenzione nel carcere di Marcusville, nell’Ohio. Ora gli Stati
Uniti fanno pressioni perché venga estradato- un caso simile non è ammissibile.
Gli accordi internazionali vietano questa procedura, ma il governo svedese non
vuole inimicarsi la più grande potenza mondiale e trova la pavida soluzione
della vergogna: John Schwarz, alias John Meyer Frey, non verrà estradato, verrà espulso, rispedito a Mosca, ultimo paese in cui ha transitato prima
di arrivare in Svezia. E c’è molto altro che naturalmente non vi diciamo.
Se per
‘thriller’ si intende un libro da brividi in attesa della prossima mossa
dell’assassino, “Punizione” degli svedesi Roslund e Hellström non è un thriller, perché il brivido
c’è, ma arriva come una sorpresa, alla fine. Se per romanzo di indagine
poliziesca pensiamo ad una vicenda in cui un ispettore cerca di far luce su un
delitto scovando il colpevole, “Punizione” non
è un romanzo di indagine poliziesca: John Meyer Frey si è sempre dichiarato
innocente dell’assassinio della sedicenne Elizabeth, era stato condannato in
base ad indizi, soprattutto perché Eward Finnigan, il padre della ragazza, era
segretario del governatore ed acceso sostenitore della pena di morte. Né si era
cercato allora, né si cerca adesso un altro colpevole. Eppure “Punizione” è un romanzo che riguarda un’indagine-
anche se la soluzione verrà offerta dall’assassino stesso- ed è sostenuto da
una forte tensione che non è solo quella del mystery tradizionale, perché
arricchita dall’impegno civile ed etico per contrastare la pena di morte. E la
lettura si sviluppa su parecchi piani, tutti ugualmente coinvolgenti, ruotando
attorno ad una serie di personaggi e ad alcune problematiche su cui il nostro
pensiero continua ad indugiare, anche a lettura terminata.
John Meyer Frey era stato un ragazzo
difficile- era stato forse traumatizzato dalla morte prematura della mamma? Dei
flashback ce lo mostrano nell’agonia senza tempo della cella di isolamento, in
attesa della morte. E poi- ma la narrazione non è consequenziale-, mentre i
giorni sgocciolano inesorabilmente, qualcuno si dà da fare per lui: avremo due
versioni di quanto avvenne e quella di John è la più lacunosa, e in ogni modo
assolutamente sincera perché lui non doveva sapere nulla. Belli i personaggi intorno
a lui- il padre, la moglie che non sapeva niente, il bambino. Umani e
interessanti anche i poliziotti che si occupano del caso, soprattutto
l’ispettore Ewert Grens, con la sua dedizione assoluta alla moglie che da più
di vent’anni è in una casa di cura (questo è il terzo libro della serie, perciò
il lettore viene solo a sapere dei frammenti di quanto è accaduto). Ewert Grens
parte pieno di pregiudizi contro John Shwarz/Meyer Frey che ha preso a calci in
faccia un ubriaco che molestava una donna. Poi cambia (non ha forse lui stesso
una reazione simile quando ha una reazione violenta nei confronti dello
sconosciuto che offende la collega poliziotto?) e in definitiva non se la sente
di restituire un uomo alla morte. Perché tutta la trama si concentra sull’abominio
della pena di morte, sul desiderio di vendetta che c’è dietro, sulla
possibilità di errore. Il finale è a sorpresa, gloriosamente e tristemente,
drammaticamente grandioso: uno sberleffo al sistema giudiziario e penale
americano. Ancora una volta osserviamo: ma come sono bravi questi scrittori
nordici!
la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net
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